Draghi vuole il Quirinale, ma non che si torni al voto

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Mario Draghi ha dimostrato l’assoluta intenzione di voler accasarsi al Quirinale non appena arriverà la fatidica data dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Velleità comprensibile ed ampiamente prevista, dato l’inferno parlamentare con cui confrontarsi quotidianamente, imparagonabile con la serenità (e la possibilità di incidere maggiormente) derivante dal Colle. Di dibattiti sulle candidature papabili per il pregevole incarico ne avevamo ascoltati per settimane. Almeno fino a quando l’attuale premier non ha deciso di palesarsi di fatto.

Abbiamo già affrontato le intenzioni pro-Quirinale di Draghi. Ad oggi, riteniamo maggiormente utile trattare delle difficoltà che riscontrerà chi avrebbe interesse ad eleggere al Colle una figura differente. In primis, è necessario ribadire come il presidente del Consiglio goda di un cordone mediatico che rende complesso attaccarne la figura istituzionale. Gli errori comunicativi ed organizzativi commessi dall’arrivo a Palazzo Chigi sono stati più giustificati dai che criticati. Anche in ragione di ciò, è consequenziale che egli pretenda una sorta di incoronazione come Presidente della Repubblica.

Lo scenario: Draghi al Quirinale e voto non prima del 2023

Nel corso della conferenza stampa di fine anno, tenutasi il 22 dicembre scorso, ha utilizzato un tono piuttosto diretto e deciso, dichiarando di non attendersi cambiamenti di maggioranza dopo la partita del Colle. Monito che suona come un tentativo di ottenere una maggioranza piuttosto larga per farsi eleggere, che non comporti però un successivo ritorno alle urne. E’ qui che è situata la problematica successiva all’eventuale salita di Draghi al Quirinale.

L’intenzione di buona parte del Parlamento è infatti quella di attendere la fine naturale della legislatura prima di confrontarsi nuovamente con le urne. L’ex presidente della Bce è sembrato pertanto voler rassicurare i parlamentari, prefigurando la nomina di un nuovo presidente del Consiglio. Sono in tal senso mere illusioni quelle di numerosi esponenti partitici che immaginano per sé, o per un proprio fidato, il ruolo di nuovo premier. Appare chiaro che solo una nuova figura tecnica o un uomo di stretta fiducia di Draghi potrebbe rivestire tale incarico sotto sua nomina. Motivazione ulteriore per cui attendersi sorprese e stravolgimenti dall’inizio di un 2022 che si preannuncia politicamente confusionario.

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