StraMorgan: il fascino dell’Altrove

StraMorgan: il fascino dell’Altrove

Foto di Chiara Candiago


Di Francesco Subiaco e Francesco Latilla



“La morte fa pensare perché fa soffrire e ci vuole coraggio, lo stesso coraggio che ci vuole per mettersi in viaggio per cercare le risposte alle vere domande. L’uomo è un viatico, alla ricerca delle risposte vere, alla ricerca di ognuno di noi. È una proposta in realtà: stringimi le mani per fermare qualcosa che è dentro me…” Non poteva chiudersi in una maniera più alta la lunga e articolata analisi con cui Morgan introduce il capolavoro di Lucio Battisti “Emozioni” e che, attraverso un’atmosfera calda e notturna, accompagna con la chitarra Dolcenera che seduta al piano s’immerge come non mai in un brano senza tempo che commuove ancora. Questo è ciò che Marco Castoldi in arte Morgan è riuscito a creare attraverso quella rivoluzione televisiva e culturale che è stata “STRAMORGAN“, il programma ideato dallo stesso Morgan e condotto insieme a Pino Strabioli, andato in onda per quattro sere consecutive a partire dal 10 aprile. Quattro puntate totalmente diverse tra loro che formano un empireo della musica contemporanea i cui punti sono tra i più alti e dove lo stesso Morgan, a dispetto di quanto detto da taluni scribacchini del giornalismo nostrano, non getta il faro su di sé piuttosto si fa tramite, medium come nella migliore tradizione simbolista, con un sentimento che eleva, trascende, evoca, sottolinea, sfuma ed allude le corrispondenze che si nascondono in quella liturgia dell’assoluto che è la canzone. Un programma che non ha altra protagonista che la musica, omaggiando la grande cultura non soltanto musicale ma anche televisiva italiana, riproponendo in tal modo una vera forma di servizio pubblico, (però privo degli stucchevoli patetismi che si associano a questa espressione), ai telespettatori e senza mai “passare dalla cassa”, citando Gaber. Questa è la forza di un programma notturno che, seppur per poco tempo, ha accompagnato coloro che cercano attraverso la televisione una porta verso altre dimensioni, verso l’astratto anche, verso tutto ciò che i diversi piani del multimediale offrono e che la tv italiana ha saputo mettere in campo negli anni ‘60 ad esempio. Ecco, qui vi è proprio quella capacità di fornire uno spettacolo in grado di intrattenere con cultura, di far comprender con chiarezza, e qui sta la maestria, argomenti dal forte carico intellettuale e in alcuni casi filosofico-esistenziale. In ogni puntata, ad ogni mito della canzone italiana corrispondeva il suo riflesso di altra lingua, come uno specchio in cui le due figure s’intrecciano, si compensano e dal cui dialogo (o tocco) nascono scintille: Modugno – Elvis, Bindi – Mercury, Battiato – Eno, Battisti – Bowie. Accoppiamenti giudiziosi, affinità elettive che vogliono creare una nuova sintesi culturale, una sinestesia di emozioni che non vuole solo mostrare le meraviglie della cultura musicale, ma anche risvegliare il nostro senso di meraviglia per la canzone e le sue Alchimie di note. Una alchimia fondata sulla sperimentazione, sull’atto di creare mentre si è all’interno del pathos emotivo lasciandosi andare alle visioni notturne (come accade ad esempio nelle riproposizioni de “L’uomo in frack”, “Arrivederci”, “L’era del cinghiale bianco” o nel medley tra Battisti e Bowie dell’ultima puntata) con una capacità straordinaria di coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine legandolo allo schermo e coinvolgendolo in uno spettacolo di lucidità alterate dove il flusso di ricordi, le analisi e le esecuzioni sono un tutt’uno tra loro, come in un sortilegio. Morgan e Strabioli creano, con eleganza, in questo modo un programma che si rivela man mano un inno alla notte, unico nel suo genere come “Fuori Orario – Cose (mai) viste” di Enrico Ghezzi, un altrove dedicato a tutti gli irregolari, a coloro che hanno percorso una strada in direzione ostinata e contraria, come del resto ha sempre fatto lo stesso Morgan. Numerose sono state le interazioni sonore che hanno contribuito a dare lustro al programma: Vinicio Capossela, Paolo Rossi, Gino Paoli, Giovanni Caccamo, Chiara Galiazzo, Tony Hadley, Avincola, Dolcenera. Dunque, Stramorgan è un atto rivoluzionario nel panorama italico, una finestra su un cortile dove è il sogno a dominare la scena e la cui via probabilmente non la troveranno tutti ma senza alcun dubbio sarà ricordato negli anni a venire, come un grande laboratorio culturale ed artistico. Vedendo StraMorgan non ci si potrà non commuovere dalla combinazione di intrattenimento e poesia, che accompagna momenti indelebili come quando Morgan al piano canta “Il nostro concerto” di Umberto Bindi mentre l’orchestra e le Sagome lo accompagnano ed è in quel momento che una strana magia si fonde a quel sentimento nostalgico non soltanto rivolto al passato ma anche e soprattutto a quelle cose, per dirla con Bene, che non ebbero mai un cominciamento. Ecco, quando si è davanti a tutto questo si resta in silenzio per qualche secondo, forse con gli occhi lucidi, e allora si pensa al fatto che non tutto si può capire ma ciò che si avverte: “Tu chiamale se vuoi…emozioni”.

Emozioni che alternano note e confessioni, canzoni e elevazioni, tra il sacro e il profano in cui dai suoi dialoghi con gli spettatori, alle sue considerazioni inattuali, fino ai suoi momenti di confidenza con il pubblico, si mostra quanto Morgan, abbia in sé un temperamento poetico, scapigliato, crepuscolare, intimo, ma anche esplosivo, imperdonabile, rock, che in questi momenti e in queste emozioni si fondono magistralmente dimostrando un animo baudelairiano, tra la cavalleria e la ierofania, il cantautorato degli anni 60 e il romanticismo.

Morgan è, infatti, l’ultimo paladino dei diritti del sacro e dell’armonia , che cerca di difendere l’antica dignità delle arti e della musica nel mondo dell’accesso e della tecnica, non piangendosi addosso ma riuscendo, poeticamente, artisticamente, criticamente, a fare sentire la sua voce. La voce di uno spirito libero, la voce di chi non si nasconde dietro le finte proteste del conformismo degli anticonformisti, ma trova la sua rivolta nella canzone, nella bellezza, nel miracolo dell’arte che alla solitudine del cittadino globale propone la sintonia e i legami tra gli uomini, alla superficialità la sensibilità, ai trucchi dello star sistem la magia della più nobile tradizione del cantautorato, italiano e non, che in queste serate rievoca. StraMorgan non vuole soltanto fare capire al pubblico la grandezza e la profondita del significato delle canzoni di questi autori, vuole che essi siano in grado di sentirla, di viverla. In tal maniera Morgan riesce non solo fare battere le loro mani, ma anche i loro cuori.

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