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TRA INTELLETTUALI, POLITICA E GARANTISMO: SABINO CASSESE E QUEL CHE SERVE ALL’ITALIA

– Francesco Subiaco

Sabino Cassese è una delle figure più importanti del panorama culturale italiano. Studioso, giurista, giudice emerito della Corte Costituzionale, è da anni propugnatore di una visione liberaldemocratica e garantista, che lo ha reso più volte il candidato ideale per la presidenza della Repubblica. Firma di punta di testate nazionali come Il Corriere della Sera ed Il Riformista, Cassese è un raffinato intellettuale che in numerosi saggi ha saputo combinare la sua cultura giuridica con una sensibilità umanistica. Prova di tale vocazione è il suo saggio “Intellettuali”(IL MULINO), una lucida diagnosi ed analisi della crisi del clero laico della nostra società, che analizza il ruolo, i limiti, le potenzialità per la democrazia e lo sviluppo della nostra società. È soprattutto un testo che vuole sottolineare quanto la politica abbia bisogno della cultura per affermare il suo primato civile, e quanto la cultura abbia bisogno di un radicamento ed un dialogo con la vita pubblica del paese per non avere un mero primato fittizio. Abbiamo intervistato il professor Cassese per avere alcune delucidazioni sulle sue idee e sulla sua ultima opera.

Cosa ne pensa della condizione che gli intellettuali odierni hanno nella nostra società? E che ruolo dovrebbe avere questa figura?

La risposta a questa domanda deve tener conto dei diversi settori nei quali operano gli intellettuali. Come evidente, della figura dell’intellettuale io do una definizione molto vasta, che comprende anche l’epidemiologo, il virologo, il giornalista, il sacerdote, il grecista, oltre allo storico, al politologo, al giurista. Ora, ciascuna di queste figure opera sia in un particolare settore, sia rivolgendosi all’intera comunità. Complessivamente, penso che in Italia gli intellettuali giochino un ruolo importante, ma potrebbero averne uno maggiore se non fossero chiusi nella loro torre d’avorio, se fossero disponibili a comunicare più frequentemente attraverso i media, se nel comunicare fossero più accessibili.

Chi è per lei L’intellettuale nel suo omonimo libro? Può farci alcuni esempi di pensatori che seguono tale visione?

Farei due esempi. Il primo è quello del filosofo del diritto e studioso di scienza politica Norberto Bobbio. Il secondo è quello dello storico della filosofia e della scienza Paolo Rossi. Il primo è più noto, anche perché è stato senatore a vita; il secondo è meno noto, ma ha collaborato intensamente al Domenicale del Sole 24 Ore. L’uno e l’altro hanno influenzato ampiamente non solo la cultura ma anche la società italiana: pur essendo morti da qualche anno, vengono letti e citati, e sono considerati come autorità morali, oltre che come importanti studiosi nel loro campo disciplinare.

Gli intellettuali sono necessari alla politica o spesso la politica è utile agli intellettuali?

È importante il primo tipo di rapporto, quello che corre tra gli intellettuali e la “polis”, perché gli intellettuali arricchiscano il dibattito nello spazio pubblico, aiutano a capire, suggeriscono un metodo, introducono il culto della razionalità, insegnano a partire dai fatti, piuttosto che delle opinioni, sanno parlare e spesso sanno anche tacere, riescono a insinuare dubbi. Talora, però, è anche rilevante l’altro aspetto, nel senso che intellettuali vengono cooptati al mondo della politica. Ricordo, ad esempio, i cosiddetti indipendenti di sinistra eletti a suo tempo nelle liste del partito comunista italiano, oppure in liste  appoggiate del partito comunista.

Quanto pensa siano importanti i valori liberali e garantisti in questa situazione di tensione tra cittadini e istituzioni?

Sono valori essenziali. In ogni democrazia la libertà di parola, quella di manifestare il proprio pensiero liberamente, la libertà di associazione, quella di riunione sono condizioni essenziali di partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni. Essendo condizioni essenziali, è solo grazie alle libertà che le tensioni tra Stato e società, tra cittadini e istituzioni, vengono ridotte e sono superabili. Ritengo, quindi, che democrazie illiberali non possano esistere per due motivi. Il primo è che storicamente le democrazie si affermano sulla base di principi liberali, di cui costituiscono uno sviluppo. Il secondo è che senza libertà essenziali non può esservi neppure partecipazione dei cittadini alla vita collettiva, e quindi democrazia.

In questo periodo si è riacceso il dibattito sul presidenzialismo (o semipresidenzialismo). Un tema un tempo caro ad azionisti e repubblicani e che viene oggi portato avanti dal centrodestra. Cosa ne pensa del presidenzialismo? Guarderebbe con favore ad una riforma di tale indirizzo? Se si, ispirandosi a quale modello?

Di sistemi politici presidenziali ne esistono molte varianti e così pure di sistemi politici semi presidenziali. La caratteristica comune consiste nella elezione diretta del presidente della Repubblica, che così assume un ruolo non solo di rappresentante dell’unità dello Stato, ma anche di capo politico. L’essere un sistema presidenziale, però, non impedisce che esista un Parlamento. Grazie a presidente elettivo e a Parlamento elettivo, ambedue scelti dal popolo direttamente, i cittadini possono esprimersi due volte sull’indirizzo politico del Paese e in molti Paesi lo fanno mettendo in contraddizione presidente e Parlamento, come accade nella cosiddetta coabitazione in Francia o nel cosiddetto governo diviso negli Stati Uniti d’America. In questo senso, il presidenzialismo può assicurare un maggiore pluralismo del potere al vertice.

Che opinione ha della campagna referendaria sulla riforma della Giustizia? Pensa che sarebbe necessario un intervento più incisivo per ristrutturare il sistema giudiziario e se si in che modo?

Una riforma dell’ordine giudiziario e del sistema della giustizia in Italia non può certamente venire dai referendum, ma essi possono essere molto utili per una riforma, perché dànno un indirizzo e perché assicurano un impulso. La direzione della riforma della giustizia dovrebbe essere ormai chiara. Innanzitutto, assicurare che la giustizia arrivi sollecitamente. In secondo luogo, assicurare un’autentica indipendenza dei giudici. In terzo luogo, recidere i troppi legami che esistono tra ordine giudiziario e potere esecutivo e tra ordine giudiziario e corpi politici.

Quali sono i riferimenti culturali e politici di Sabino Cassese?

Se intende i libri che leggo, le dirò che sto rileggendo la Divina Commedia di Dante, tutto il teatro di Shakespeare, la grande opera di Alberto Basso su J. S. Bach, intitolata “Frau Musika” e che consiglio spesso ai miei studenti di leggere le opere di Thomas Mann e di non dimenticare mai di rileggere i grandi capolavori della letteratura e della storia. Un collega spagnolo mi disse una volta che nel suo Paese si consigliaa lettura del Don Chisciotte di Cervantes tre volte nella propria vita. In gioventù, in età matura e in vecchiaia, perché in ogni volta si scoprono aspetti nuovi dell’opera.

Di fronte alla crisi dei partiti e della democrazia Maurizio Molinari ha auspicato un ritorno ai valori della Costituzione per superare questo momento di difficoltà civica. Da dove bisognerebbe ripartire secondo lei ?

Il richiamo alla Costituzione mi sembra giustissimo e nella Costituzione indicherei tre parole che segnalano tre valori importanti: dovere, merito, eguaglianza.

 

 

 

 

ON. ALEX BAZZARO: SERVONO MENO TASSE ED UN CENTRODESTRA LIBERALE, SEMPRE PIÙ UNITO.

L’Onorevole leghista Alex Bazzaro rappresenta per noi un esempio.
Nonostante la giovane età ha già dimostrato esperienza professionale ed amministrativa, oltre ad ammirevole vicinanza alle tematiche liberali e democratiche.
Deputato alla Camera, Consigliere Comunale a Venezia, membro della Fondazione ITALIA-USA, è da anni impegnato nella difesa delle minoranze in ambito estero, con particolare vicinanza al popolo di Taiwan.
Pertanto, aver dialogato con lui sui valori della libertà economica e della democrazia è stato per noi importante e formativo.
Inoltre, condividiamo pienamente la necessità di costruire un centrodestra sempre più ampio ed unito, incentrato su libertà e stabilità politica.

Ritiene che il prolungamento dello stato d’emergenza fino al 31 marzo sia uno strumento utile per contrastare la problematica sanitaria?

La domanda da porsi è perché prorogare lo stato di emergenza? Siamo tra i Paesi più vaccinati d’Europa, abbiamo un green pass che è stato ulteriormente esteso ed  ora prorogato fino al 31 marzo. Abbiamo conculcato i diritti civili di milioni di italiani proprio per chiudere la fase emergenziale. Serviva per la struttura del Generale Figliuolo? No. Serviva per gli Hub vaccinali? Nemmeno. I provvedimenti urgenti sono sempre stati presi per Decreto Legge. Fatico a capire la ratio. Inoltre questa tensione, tenuta sempre alta, non aiuta la ripartenza del Paese, né in senso economico, né nel ricucire lo strappo sociale. Perché la ricerca di capri espiatori, dai no vax ai no booster, permane e cresce. Abbiamo aperto, nella stessa nuova ordinanza, un conflitto con l’Europa sul tema dei tamponi per chi arriva in Italia. Ricordo che, fino a qualche settimana fa, ci veniva detto che i tamponi non erano affidabili e sono quindi stati eliminati dai metodi per ottenere il green pass rafforzato.

In che modo prospetta la partita politica dell’elezione del Capo dello Stato?

Ritengo che molti commentatori dimentichino, più o meno consapevolmente, che a votare alla fine saranno tutti i Parlamentari ed i delegati regionali, a scrutinio segreto. Siamo all’ultimo anno di legislatura, con dei rapporti di forza, in alcuni casi, dimezzati per alcune forze politiche, e con un taglio del 30% degli eletti. Il rischio di franchi tiratori per motivi di “sopravvivenza personale” è assai elevato. Penso sia meritoria in tal senso la scelta di Matteo Salvini di contattare ogni leader di partito per ragionare senza paletti. Il centrodestra ha per la prima volta la possibilità di dire la propria in termini di voti. Inaccettabile è invece che, chi nei numeri parte dietro e non ha un candidato in grado di essere trasversale, ponga dei veti sentendosi depositario a priori della scelta per il prossimo Presidente. In particolar modo Enrico Letta. Il prossimo Presidente sarà tale per tre legislature: questa, la prossima e parte della successiva e credo che nessuno più, anche tra i non addetti ai lavori, non ne capisca il ruolo politico fondamentale.

Di che misure economiche e sociali avrebbe bisogno l’Italia, al fine di ottenere una piena ripartenza?

Tre misure: taglio delle tasse, taglio delle tasse e soprattutto, taglio delle tasse.
Vige in molte forze politiche una mentalità socialista dove imprenditori e liberi professionisti vengono visti come nemici o peggio evasori, da colpire a suon di imposte. Un centrodestra moderno deve partire dall’idea di non aumentare mai le imposte e di bocciare ogni legge che possa andare in quella direzione.
Il lavoro non si crea per decreto, i redditi di aiuto possono andare bene per limitate fasce di cittadini ma l’unico modo per liberare energie è quello di permettere a chi fa impresa di assumere. Libero lavoro in libero mercato significa servizi migliori e paghe migliori.

Sarebbe favorevole ad una maggiore unità delle tre forze di centrodestra, nell’ottica della creazione futura di un partito unico?

Faccio mie le parole che ho apprezzato e letto nel libro “ Per una nuova destra” dell’amico liberale Capezzone.
L’obiettivo di una forza di destra liberale deve partire dalla base, non da una competizione interna che rischia di danneggiarci e confondere l’elettorato. L’esempio delle primarie aperte per regione metterebbe il cittadino al centro sul modello degli Usa, dando libero sfogo ad idee ed energie. Poi, tutti uniti a fianco del leader vincente.
I progetti di unità possono esserci solo su spinta della base. Quando sono stati esclusivamente verticistici, si sono rivelati fallimentari. Matteo Salvini ha proposto a Forza Italia più volte di ragionare su temi comuni ed a tutta la coalizione di farlo, a partire dalla fondamentale partita del Capo dello Stato. Spesso alcune posizioni degli alleati, che sembrano più vicine alla sinistra che a noi, lasciano perplessi.

In che modo sarebbe per lei possibile avvicinare le nuove generazioni alla politica?

Partecipazione attiva, la Lega su questo può fare scuola. Abbiamo un movimento giovanile che ha portato in Parlamento, già dalla scorsa legislatura, numerosi eletti under 35, me compreso. Dando spazio, non regalando posti ma possibilità di dibattito e attiva presenza ai giovani nelle sezioni e nelle liste elettorali.
L’esperienza amministrativa nel proprio comune era e rimane, come stato anche per me, la base formativa per capire e soprattutto mettersi alla prova.
La politica vista dal basso, fatta di capacità ma anche di gavetta.
I partiti che hanno questa componente nel loro dna non faticano mai a trovare nuove figure, mentre gli altri sono costretti a dipanarsi tra scelte improvvisate o figure esterne.
Ovvio che ci debba essere la voglia.
Un gazebo, un mercato dove distribuire volantini, così come un attacchinaggio notturno di manifesti sono percorsi di crescita tanto quanto il dibattito e la lettura di un bilancio comunale.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Ho avuto l’onore di fare il Deputato della Repubblica a 30 anni e sono tornato ad essere amministratore nella mia città, Venezia, come Consigliere Comunale. Voglio finire al meglio questo mandato a Roma cercando soprattutto di dare risposte al mio territorio.
Sono un liberale e un libertario convinto. L’unica nota positiva della drammatica situazione degli ultimi due anni è stata quella di vedere fiorire tante realtà, spesso di giovani, interessate a questi temi.
Il liberale è un po’ come il medico, non ci va nessuno finché non ci sono problemi.
Mi piacerebbe lavorare attivamente con questi Think tank, seppur embrionali, perché siano di spinta, stimolo e consulto per amministratori e futuri eletti in Parlamento.
Mai come ora c’è bisogno di idee che mettano al centro l’individuo ed i suoi diritti inalienabili.