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“Raccontare il paradosso del contemporaneo”: Pubble e la satira controcorrente

– Francesco Latilla, Francesco Subiaco, Gianmarco Latilla

 “La satira ci rende fieri, come se ci riconoscesse uno stato civile artistico, un diploma che ci sollevi dalla mediocrità e dal grigiore delle parti secondarie.” E. Flaiano

Da sempre la satira ha dimostrato di essere uno degli antidoti contro il potere egemone della politica e per questo osteggiato dalle forze dominanti, le quali tendono ad offuscare la totalità delle cose proprio per condurre l’opinione pubblica verso il proprio fronte e potenziando il proprio consenso. Nei nostri giorni non è da considerarsi facile  voler dissacrare la realtà che viviamo dato l’eccessiva crescita di un avversione nei confronti dell’ironia e del paradosso. Per questo le figure come “Pubble”, pseudonimo di Paola Ceccantoni, sono necessarie. La sua visione artistica nasce dall’amore per i grandi autori dell’antichità,  come Giovenale e Marziale, e dal voler analizzare gli aspetti più profondi del contemporaneo attraverso una pungente ironia che tende sempre ad un’altra trincea, senza mai cadere nel banale compiacimento partitico.

Le tue vignette riescono a cogliere il paradosso delle vicende odierne, mostrando una cruda realtà a colpi di satira. Da dove credi che nascano le contraddizioni dei nostri tempi?

Allora, le contraddizioni del nostro tempo nascono dalla tecnologia sicuramente. Il fatto di essere estremamente esposti su un piano tecnologico che è evidente che non sappiamo gestire sicuramente mette in luce l’incapacità di saper comunicare attraverso questo sistema. Insomma, non abbiamo più una sana comunicazione perché effettivamente comunichiamo soltanto attraverso i social e per cui diviene sempre più difficile confrontarsi di persona ed ecco quindi che i toni dei dibattiti online sono eccessivamente esaltati. Inoltre vi è l’enorme problema dell’essere convinti di voler fare tutto nel bene e nel giusto, quando in realtà la nostra via per la giustizia è lastricata di una moltitudine di contraddizioni. La politica in tutto ciò dimostra ormai di essere un sistema morto e ciò crea nell’individuo confusione perché non vi sono più figure che possano dare sicurezza ed infatti questo genera anche la diffidenza da parte dei giovani.

Eppure, se un tempo vi erano degli artisti come Flaiano, Kafka, Pirandello o altri che attraverso situazioni paradossali mostravano i lati nascosti dell’uomo, oggi paradossalmente neanche più un Woody Allen potrebbe giocare secondo quelle regole perché la società stessa è divenuta una barzelletta..

Esatto. Credo che ad ogni modo, come detto poc’anzi, il problema sorga dalla comunicazione. Il fatto è che se uno volesse, attraverso il paradosso, instaurare un rapporto comunicativo efficace cadrebbe vittima di censure, banner, ciò che si può dire o non dire ed è per questo che diventa sempre più difficile in virtù delle regole che determinano la comunicazione delle cose. Quindi bisognerebbe esprimere il paradosso di una società nei termini che sono imposti da quella stessa società. Ad esempio, spesso mi viene detto che la mia critica avviene comunque attraverso uno strumento del potere, Facebook ad esempio, ma il problema è proprio quello di non poter uscire da determinati schemi imposti e al massimo ci si può infilare nei buchi neri di questo sistema. Probabilmente solo quando avremo la forza di creare una frattura con l’arte e la comunicazione di questo tempo, probabilmente riusciremo a fare qualcosa e a creare una nuova realtà.

Cosa ne pensi dell’applicazione del politicamente corretto nella satira e secondo te quest’arte ha dei limiti? Anche quelli del buon gusto?

No. Io ho studiato archeologia e per cui sono molto impregnata della cultura classica in generale con i testi antichi e ho basato tutta la mia struttura della satira studiando Marziale, Giovenale, il Satyricon di Petronio. Quindi sono totalmente legata ad una concezione di satira priva di idoli e che quindi possa scagliarsi tranquillamente contro tutti. Se leggessimo Marziale noteremmo che egli critica la società ma prendendo per il culo il vicino di casa e quindi non vi è quel falso scrupolo perbenista del dire: “Non posso farlo perché sto attaccando una minoranza, una determinata categoria di persone ”, quindi non esiste nulla che la satira non possa dissacrare. Ad esempio, molti si scandalizzano davanti a Charlie Hebdo ma in realtà è l’unico rappresentante della satira reale in questo momento. È ovvio che io a volte non comprendo determinate scelte che vanno ben oltre il buon gusto però continuo a prenderle secondo lo schema satirico e per cui credo che il politicamente corretto applicato al linguaggio sia la morte della buona satira.

 Credi si possa essere crudeli ma divertenti oppure certe volte il divertimento deve dosare la crudeltà?

Si può essere divertenti anche essendo molto crudeli, altrimenti non esisterebbe il Black humor per esempio. Quindi credo che si importante essere ironici anche su tematiche forti ma è tutto nelle mani dell’artista e della sua sensibilità.

Quanto è difficile oggi essere controtendenza nel tuo lavoro?

Allora, la parola difficile credo sia legata soltanto a come uno recepisce il grado di difficoltà. Per me è estremamente semplice, anche perché la mia satira è spontanea, ma il problema potrebbe palesarsi qualora ci fossero degli insulti che è una cosa che mi capita spesso. Ma al di là dell’incassare parole come “bastarda” “ritardata” e così via, credo si debba possedere una fiamma vera per essere davvero controcorrente o ti adatti. Credo nella meritocrazia e credo anche che coloro che la pensano diversamente, nonostante abbiano difficoltà ad emergere, se hanno i contenuti possono farcela. Magari hanno intrapreso un sentiero più lungo ma possono comunque arrivare al traguardo.

C’è una vignetta a cui sei maggiormente legata?

Sicuramente la prima che feci in assoluto, dedicata al carabiniere Mario Cerciello Rega, fu l’inizio del progetto Pubble e la ricordo con grande affetto anche perché da lì in poi non mi sono più fermata.

 

TRA SATIRA ED IRRIVERENZA: GIORGIO MAGRI CI RACCONTA L’INSULT COMEDY

Graffiante, cinico, spietato, ma anche divertentissimo è Giorgio Magri il santo patrono dell’insult comedy italiana, che nei suoi spettacoli porta avanti una idea di satira irriverente ed anticonvenzionale. In scena il 24 novembre al gattaglios pub di Reggio Emilia e il 3 febbraio al cinema Martinitt di Milano

Che cos’è l’insult comedy?

È un genere che esiste da sempre nella cultura anglosassone e che rappresenta un sottogenere dalla stand up comedy. Che deriva dall’uso del roast, dove i colleghi si sfottono a vicenda prima delle vacanze. Fondando il proprio umorismo sul prendersi in giro a vicende

Come ti sei avvicinato alla comicità?

Beh da quando esiste internet, ho sempre tenuto d’occhio tutti i progetti di satira e comicità, soprattutto quelli provenienti dal mondo anglosassone. Partecipando ai primi laboratori di satira e alle serate di cabaret a Milano, con cui ho iniziato e si è sviluppata così.

Come nasce in te il processo creativo?

Io non improvviso mai niente. Sono molto ligio al mio lavoro, i pezzi che faccio sono scritti in ogni dettaglio, dalla punteggiatura ad una divisione per argomenti. Invento una struttura ed inserisco le battute per comporre un discorso organico, ben ritmato, limandolo finchè non lo trovo soddisfacente

Cosa ne pensi del politically correct nell’arte?

Sembra un discorso che a molto a che fare col narcisismo. Quando io prendo di mira l’omosessuale, il migrante, il fan di un cantante, non mi interessa schernire lui anzi. Il mio vero bersaglio è il moralista che si indigna, lo sceriffo di turno che bacchetta la mia comicità. È lui il mio bersaglio. Quindi quando mi attaccano e mi critiche, mi fanno un favore e vuol dire che ho fatto colpo con il mio pezzo.

Sul DDL Zan?

 Per quello che ho avuto modo di leggere, non sono un giurista, sono d’accordo con la sostanza, ma in realtà mi sembra un disegno di legge nato morto, perché fin dalla sua formulazione, non c’erano i numeri. Mi è sembrato un ciurlare nel manico, poiché era chiaro che nonostante tutte le tarantelle contro  o pro, i numeri non potevano cambiare così drasticamente. Come non era vincente ad inizio campagna non si è dimostrato alla fine. Nonostante io sia d’accordo col ddl zan. In un clima come questo di crisi mi sembra un po’ provarci nonostante si sappia che i numeri non ci sono