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Sossio Giametta, intervista ad un Mago del Sud

Sossio Giametta, intervista ad un Mago del Sud

Di Francesco Subiaco


Per Sossio Giametta la filosofia è la terapia dell’essere umano, un farmaco capace di portare ordine e dare un senso ai grandi dubbi che tormentano l’umanità senza scadere né nelle religioni delle illusioni né nelle illusioni delle religioni, attraverso domande che decostruiscono i miti dell’antropocentrismo, delle utopie dei totalitarismi, delle finzioni sulle sorti magnifiche e progressive dell’umanità, e che sono il vero bagaglio del filosofo. Per tali motivazioni Sossio Giametta è un vero filosofo e non uno storico o un pedante divulgatore del pensiero, poiché con il suo percorso intellettuale ha prodotto un corpus filosofico capace di sfidare i pregiudizi del tempo, di affrontare i temi del presente con il metro dell’eterno, di non essere solo l’ombra dei pregiudizi del tempo, ma una voce dei grandi turbamenti dell’individuo, che non solo risolve, ma vive, affronta e rilegge in modo unico nei suoi testi. Un’opera che lo pone come l’ultimo vero maestro del sospetto della nostra epoca. Un maestro capace di delineare il nucleo di una idea filosofica in grado di rispondere al più urgente tema della filosofia contemporanea: “come si può pensare il mondo dopo il cristianesimo?”. Questa domanda trova risposta nella filosofia dell’ “essenzialismo-organicismo”, una visione argomentata già nella Trilogia dell’essenzialismo” (composta dal Bue squartato, L’oro prezioso dell’essere e Cortocircuiti) e nello splendido Codicillo, in cui declina i massimi problemi del pensiero in minimi spazi ed in cui si ritrovano le idee e le scoperte che poi verranno riprese e sviluppate nel Caleidoscopio, nei commentari filosofici dell’opera di Nietzsche e nei suoi ultimi scritti. Scritti che affrontano la filosofia dei grandi maestri del sospetto della storia, come Spinoza, Schopenhauer e Nietzsche nel piccolo, ma densissimo, “La filosofia di Spinoza e il duello con Schopenhauer e Nietzsche” (Bollati Boringhieri) dove Giametta confronta la filosofia del massimo filosofo con gli affondi del dinamitardo Nietzsche e del pessimista Schopenhauer, la cui filosofia non solo ha decostruito il mito antropocentrico e cristiano ma ha formulato l’idea di una filosofia capace di andare oltre il fanatismo e gli antidoti delle illusioni cristianesimo. Una filosofia che si fa racconto e narrazione nel romanzo più riuscito di Giametta, “La gita di Ognissanti”(Olio officina), in cui l’autore, critico del 68 e le illusioni della modernità, demolisce i tabù e le chiusure di un establishment intellettuale di stampo marxistico e dell’inquinamento ideologico con cui il comunismo ha contaminato la cultura e in cui è presente, inoltre, una interessante stroncatura di Pasolini. Opere in cui Sossio Giametta si mostra come un vero Mago del sud, (come suggerisce il titolo dell’omonima antologia critica sul filosofo frattese curata da Marco Lanterna), che ha ripagato bene i suoi maestri, Spinoza, Croce, Bruno e Colli, non rimanendone solo un allievo, bensì diventando a sua volta un maestro. Il maestro di una grande filosofia capace di ripensare la modernità in modo unico come un vero filosofo, forse l’ultimo, ovvero “come persone che compiono sforzi estremi per sperimentare fino a che altezza l’uomo possa elevarsi”. E con il pensiero di Giametta ci si innalza oltre le vette.


In Caleidoscopio filosofico hai detto che la storia umana è divisa in tre fasi di cui la prima aristocratica-elitaria-pagana e la seconda cristiana-democratica. Quale sarà la terza fase della storia e perché il panteismo sarà la filosofia fondante di questo terzo evo?
Dopo paganesimo e cristianesimo, il secondo in contrapposizione al primo come tesi e antitesi, segue levo moderno come sintesi, letà della secolarizzazione e per conseguenza del panteismo, soprattutto ad opera di Spinoza. Segue necessariamente, perché la religione, cioè il vincolo dellindividuo con la natura (la specie e il mondo), permane.

Oggi in preda ad una nuova “rivoluzione culturale” si giudicano i filosofi e gli scrittori in base alle lenti del politically correct. Che ne pensi di questo nuovo tribunale ideologico?
Giudicare i filosofi e gli scrittori con giudizi che non siano filosofici e letterari, come sono quelli politici, è sbagliato. La filosofia è la ricerca della verità e quindi il giudizio filosofico è quello che stabilisce che valore ha un certo filosofo, cioè la sua filosofia, in relazione alla ricerca della verità: se lha fatta progredire o se ha imboccato vie sbagliate.

Come può secondo te la filosofia confrontarsi con la complessità della tecnica e del mondo digitale. L’intelligenza artificiale e la “virtualizzazione” del mondo come cambieranno a tuo avviso il rapporto del filosofo con il mondo e il pensiero?
la filosofia si è sempre confrontata con la vita e il mondo, le cose più complesse in assoluto. si confronterà anche con la tecnica e il mondo digitale, come di ogni altra cosa che ne fa parte. quanto a come lintelligenza artificiale e la virtualizzazione del mondo cambieranno il rapporto del filosofo con il mondo e il pensiero, wait and see.

Perché definisci Spinoza il filosofo, Schopenhauer un mezzo filosofo e mezzo moralista e Nietzsche soltanto un moralista?
Spinoza è certamente il filosofo, ma il filosofo che ha fatto la rivoluzione più importante dopo quella di Gesù Cristo, in senso inverso, sostituendo il cristianesimo con il panteismo. Non ho definito Schopenhauer un mezzo filosofo e mezzo moralista e Nietzsche soltanto un moralista. Schopenhauer è un (grande) filosofo e in più un grande moralista e un grande artista (stilista). Nietzsche è un grande moralista, ma anche filosofo, poeta, psicologo, critico della civiltà (kulturkritiker) e genio religioso, come tale co-fondatore della religione laica.

Che cos’è per te la filosofia e quale dovrebbe essere la missione del filosofo?
La filosofia potrebbe non esistere come disciplina particolare, perché è una riflessione sulla vita e sulla natura aperta a tutti.

Una volta hai detto che ci sono tanti professori di filosofia e pochi filosofi. Come mai siamo diventati nell’ambito filosofico dei “guardiani” del pensiero e non abbiamo più coraggio di essere filosofi?
Per Pitagora, inventore del termine filosofo, il filosofo è chi osserva e studia la natura, le cose, non in primo luogo i concetti. Solo che il filosofo è anche chi si dedica a quuesto studio e non ignora i risultati dei filosofi precedenti.

Nel novecento Kojeve e Strauss si confrontarono a lungo sul rapporto tra filosofia e potere, nel lungo epistolario “Sulla tirannide”. Secondo te che rapporto ci deve essere tra il filosofo e il potere e verso quale posizione propendi?
Sono per lassoluta libertà della ricerca filosofica, per lassoluta libertà di pensiero, indipendente da qualsiasi autorità, da ogni potere, soprattutto quello religioso e politico.

Longanesi diceva che cultura è tutto quello che non ti dà l’università. Credi che la filosofia sia incompatibile con l’accademismo?
Sì. La vera filosofia è vocazione e non professione. Può però anche diventarlo, fermo restando che la vocazione deve sempre precedere la professione. Non si sceglie la fillosofia, ma se ne è scelti, in genere con grande sorpresa. Philosophus nascitur. Schopenhauer ha scritto un saggio significativo contro la filosofia delle università.

Che legame c’è tra il Giametta filosofo e quello romanziere? E come nasce la Gita di Ognissanti?
Giuseppe (Peppo) Pontiggia diceva che i miei saggi sono scritti con tensione narrativa. Io aggiungo che la mia narrativa è scritta con tensione moralfilosofica. In essa, narrazione e pensiero non sono sovrapposti o giustapposti, nascono intimamente intrecciati, anzi fusi, cioè i racconti sono veri racconti, non contes philosophiques che vogliono dimostrare una tesi filosofica. La Capria diceva che ero un centauro. E in effetti ho scritto Tre centauri. La gita dOgnissanti nasce come le altre narrazioni: da ispirazione, esperienza e pensiero. Vi stronco Pasolini, non il 68 e il movimento della contestazione, che giudico in parte positivamente, in parte negativamente. Pasolini, non negoche fosse anche artista, nel cinema e nella letteratura, forse anche nella poesia dialettale, che però non conosco. Il primo dei due romanzi è valido, come i due film romaneschi. Sono ispirati dalla gioventù perduta delle periferie romane. Il secondo romanzo ha un inizio bello e originale, travolgente, ma ilresto è maniera. Pasolini era più un effettista che un artista e aveva la presunzione di esprimere con singoli film intere civiltà: araba, greca, cristiana, inglese, eccetera. Quanto alla critica sociale, ha detto in forma popolare ciò che era stato detto seriamente quasi un secolo prima. Ha approfittato del successo per esprimere in più modi e con vari pretesti la sua depravazione, che non consiste nella sua omosessualità, ma nel modo di viverla e di obbrobriosamente sbandierarla.

Nel tuo romanzo “La gita di Ognissanti” compi una netta stroncatura di Pasolini e del 68. Quali critiche muovi verso questo autore e il movimento della contestazione?
Ho cominciato con Croce, ho continuato con Goethe, poi con Nietzsche e Schopenhauer, su cui ho lavorato di più; poi ancora ho aggiunto Giordano Bruno.


-Hai ancora dei sogni?
Veder pubblicati i libri già sotto contratto e ripubblicato qualcun altro.

Quali sono stati i grandi incontri della tua vita e perché?
Umanamente, soprattutto Marco Lanterna e Giuseppe Girgenti, due persone più miracolose che straordinarie, oltre che due eccellenti scrittori.

Roger Scruton superata la soglia dei settant’anni ha detto di aver compreso che il vero senso della vita è la gratitudine. A pochi anni dalla soglia dei 90 anni che cosa hai imparato e quale è il senso della vita umana per te?
Il senso della vita delluomo è la lotta per affermarsi e sopravvivere e per ricambiare il bene ricevuto dalla vita e dagli uomini del passato. La nostra origine è divina, ma siamo immersi nella vicissitudine delle condizioni di esistenza, fin troppo spesso infernali.

Quale è l’opera che hai scritto in cui ti rispecchi e perché?
Ritengo i Grandi problemi risolti in piccoli spazi (Bompiani 2017) il mio miglior libro di filosofia, perché vi ho risolto problemi millenari in tre, quattro o cinque pagine. Il mio pezzo migliore è lultimo, quello su Gesù Cristo. Dimostra come un uomo può diventare Gesù Cristocon un percorso laico.

In Senecione hai stroncato duramente il filosofo Blaise Pascal. Perché questa stroncatura?
Lo spiego in un libro che spero esca questanno. In unepoca in cui si lottava contro la religione e infierivano le guerre di religione, si è ributtato, per lincapacità di sopportare il mondo senza un Dio personale, cioè per viltà, nella religione invece di combatterla, come facevano, a rischio della vita e del carcere, migliaia di cosiddetti eretici.

La visibilità quanto può essere pericolosa per un filosofo?
Dipende dal filosofo,dalla sua filosofia, dall’epoca e dalle circostanze.

-Hai in programma nuove opere?
Due libri nuovi, uno su Schopenhauer e uno su Pascal, e delle ripubblicazioni.

Che opinione hai della scena politica attuale?
Più o meno disastrosa. Ma non voglio perdere la speranza.Ci sono forze positive in atto. Speriamo tutti.

“Difendi, conserva, prega”. L’Italia interiore di Pasolini

Di Lorenzo Lombardi

Bisogna essere molto forti per amare profondamente Pier Paolo Pasolini. Non si devono temere le sue profezie sul mondo post-storico a cui egli assiste per privilegio d’anagrafe, il suo amore che solo è nella tradizione ed il suo smarrimento nella ricerca di fratelli che non sono più. Ricostruendo l’opera di Pasolini come giustamente riconosce Vincenzo Cerami, si assiste alla storia d’Italia dalla decadenza del fascismo sino al boom economico.La storia che un poeta narra è sempre una storia interiore poiché il poeta svela i codici, rivela l’anima del tempo dinanzi al divenire quotidiano, sottopone al dubbio perpetuo le verità che sembrano intramontabili e dispera di quei valori eterni tramontati nell’illusione che non potessero più ’servire’, i valori che il poeta riconosce alla luce della loro vitalità come i doveri a cui sottoporsi per rendere la vita degna del suo valore.In questi trent’anni di storia interiore improvvisamente si cade in un abisso, in cui non è più possibile riconoscere realtà particolari, il mondo contadino paleo-capitalista ed il dialetto inventato ogni mattina dai poveri, per non farsi capire, per non condividere con nessuno la loro allegria. Ci si inabissa nel baratro interclassista in cui la mutazione antropologica degli italiani si è compiuta in nome ‘’della libertà, dell’uguaglianza e dell’umanità’’o almeno così sostiene il potere ma gli occhi del poeta rivelano che questa ‘’rivoluzione’’ si è compiuta in nome della schiavitù, dell’omologazione e della postumanità.’’In Italia ognuno sente l’ansia degradante di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero.Mai la diversità è stata una colpa come in questo periodo di tolleranza.’’:così Pasolini condanna chi ‘’è diverso essendo egli comune’’, l’edonismo di massa, la sregolatezza non del genio ma dello stolto che a tutti i costi deve palesare le sue catene invisibili, la sua incosciente coscienza d’infelice.Nell’epoca del tramonto del passato Pier Paolo non può più neanche ammirare assieme al fanciullo Dillio ‘’sui nostri corpi la fresca rugiada del tempo perduto’’poiché il ‘’nuovo potere è un potere che manipola i corpi trasformandone la coscienza’’, il Dopo-storia albeggia e non lascia alle spalle alcun tramonto, calpesta le carcasse del passato e le incide di un’eterna colpevolezza per giustificare la morte di cui si nutre, al poeta vecchio-ragazzo come si legge nella ri-scrittura di ‘’Dilli’’ del 74’ non resta che essere ‘’il sogno di un corpo’’, ’’conchiglia contro il male, di cui nessuno sa’’, non gli resta che ‘’rimanere fedele al proprio scopo’’ in un mondo privo di destinazione.Notiamo dunque come la componente idealistica dell’autore vinca sulla morte dell’deale, espressa magistralmente in quello che secondo C.B è l’unico film a possedere qualcosa che non appartiene al cinema, ovvero il Salò-Sade del 75’,dove quest’ultima si abbandona al senso esteriore e dunque tangibilmente reale rovesciando i canoni estetici dell’etica e rivelando nel sado-masochismo il peccato originale:l’anarchia del Potere. Nonostante il poeta, in quanto parte attiva della massa, subisca i valori falsi e alienanti dell’ideologia consumistica, egli non li interiorizza, ne è schiavo su un piano prettamente formale, esteriore ma questa volta irreale ,egli è salvato dalla stessa cultura che gli permette di contestare l’ideologia dominante. Assistiamo ad una contraddizione pulsante:la crisi della modernità abita il mondo ed il suo senso esteriore e questa volta reale ma nel poeta risiedono con nostalgia e disperata vitalità i valori del vecchio mondo a cui la realtà non lascia spazio ma divengono interiori e solo apparentemente irreali.Il poeta dunque non abbandonerà il suo rapporto col sacro intriso di contemplazione pittorica e pur ‘’girando per la Tuscolana come un pazzo, come un cane senza padrone’’ conserverà dentro di sé l’ingenuità della miseria, la veracità del sottoproletariato romano, dei ragazzi di vita che non imitavano i ragazzi della borghesia ma rimanevano fedeli a sè stessi ,alla loro cosciente incoscienza del mondo esterno, segregati fra la fame ,l’abbandono e la gaiezza di una vita violenta.A dispetto del Neorealismo, contraddistinto da un forte carattere prospettivistico-marxista ,la produzione letteraria e cinematografica che riguarda le borgate romane nasce dal disincanto e dall’accettazione di una realtà istintuale e immorale ma non per questo priva di codici etici e tradizioni proprie.Pasolini considera questa realtà come l’ultima sponda in cui il naufragio del consumismo non ha contaminato le rive ma anche il rimpianto di un mondo contadino ,un mondo che non esiste più e che egli rivive attraverso l’amore dannato e apollineo per sua madre, vertiginoso e imprescindibile ,quell’amore che gli impediva di innamorarsi di tutte le altre donne.Nota brillantemente Marcello Veneziani nel suo atlante ‘Imperdonabili’ come Pasolini sia in realtà un conservatore nel nome della madre, ’’all’amor patrio preferì l’amor matrio, più che le radici amava le matrici:la madre terra, la madre Chiesa e la madre lingua.’’Risiede in questa tensione l’eresia dell’intelettuale corsaro e come ogni eretico P.P.P morirà ucciso, il suo omicidio ancor oggi è avvolto nel mistero, sospeso fra le plurime e contradittorie dichiarazioni del ragazzo di vita Pino Pelosi e gli ipotetici indizi dell’assassino di Enrico Mattei nel romanzo rimasto incompiuto ‘’Petrolio’’.Noi non conosciamo le cause, i dettagli e le motivazioni ma di certo non può stupirci che in una società come la nostra un poeta venga ucciso.Ammazzare un poeta è il gesto fondativo ,l’atto che redime la coscienza dalla realtà, nell’illusione che la coscienza sia una prigione da cui evadere, una statua da abbattere, una libro al rogo, una memoria da abolire. La morte ‘’santa’’ di Pasolini tuttavia conferisce ad egli un valore ancora più alto ed ad oggi il suo spirito è la bussola che ci conuduce nella notte del mondo alla luci dell’eterno ,Pier Paolo ha accolto la lezione di Cristo che è venuto a portare la spada e non la pace, ovvero a rovesciare gli ordini pre-costituiti piuttosto che conformarsi passivamente ad essi.La sua anima aleggiando fra le vette del mondo ci sussurra il comandamento a cui prestare fedeltà per farci scudo fra la breccia della modernità: “Ama, prega, conserva!”.