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Ma quale ripartenza, con l’obbligo vaccinale per over 50 l’Italia lascia a casa mezzo milione di lavoratori

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Dal 15 febbraio gli over 50 non muniti di super green pass sono impossibilitati a recarsi sul luogo di lavoro, non potendo esercitare in alcun modo la propria professione, ed hanno dovuto incassare anche lo stop dello stipendio mensile, poiché ritenuti assenti ingiustificati. Una situazione paradossale figlia della recente scelta del governo italiano di introdurre l’obbligo vaccinale, pena la cancellazione di ogni libertà civile basilare, sia anche quella di lavorare.

Scenario raccapricciante che non ha eguali se osserviamo le altre nazioni europee, dove il certificato verde non esiste o comunque è strettamente limitato ad alcune categorie lavorative. Abbiamo spesso denunciato nel merito e nel metodo le decisioni dell’esecutivo italiano, motivazione per cui osteggiamo anche questa scelta, che lede le fondamenta di tolleranza e rispetto della libertà di scelta altrui, che rappresenterebbero i punti cardini delle democrazie.

Le fanfare per la ripartenza? Propaganda fasulla

Tuttavia, a far da sfondo a tali prevaricazioni si sono aggiunti i toni propagandistici e trionfalistici di gran parte degli esponenti dell’esecutivo e dei partiti della maggioranza, che da settimane celebrano presunte riaperture e la ripartenza della vita sociale ed attività economiche. Una propaganda totalmente distante dalla realtà, dato che limitazioni e chiusure vanno di fatto aumentando con ogni decreto partorito in CDM. Infatti, con la scelta di introdurre il super green pass anche sui luoghi di lavoro, circa 500mila persone sono escluse dai rispettivi ambiti produttivi e professionali.

Le ripercussioni della decisione si concentreranno sul PIL italiano, che subirà ulteriore frenata, e sulle autonomie economiche delle rispettive famiglie, già provate da un periodo lungo di crisi sociale ed economica. Anche in ragione di ciò, lo stato dovrebbe immediatamente compiere un passo indietro, annullando ogni restrizione in atto e permettendo una piena ripresa del nostro tessuto economico. In alternativa esasperazioni e rivolte sociali rischieranno di tramutarsi in pericolosa routine, data l’impossibilità di molti di usufruire dell’unico argine esistente per fame e miseria: il lavoro.

Tommaso Alessandro De Filippo

La terza dose spalanca le porte all’obbligo vaccinale?


Tommaso Alessandro De Filippo
02/10/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 2 ott – E’ cominciata la somministrazione della terza dose di vaccino anticovid anche in Italia. Al momento riservata solo ad anziani con più di 80 anni e persone con fragilità considerevoli di salute. Tuttavia, all’interno dell’esecutivo si discute già di ampliare la vaccinazione a tutta la popolazione nei prossimi mesi. Una scelta dettata da quella che sembrerebbe una vera e propria “scadenza” delle dosi precedenti.

E’ parere condiviso da molteplici esperti quello che annota come l’effetto dei vaccini non abbia efficacia superiore per un raggio temporale di circa sei mesi. Problematica effettiva che richiede di scegliere tra l’aumento del numero di sieri per ogni cittadino e la cessazione della campagna vaccinale. Il governo italiano pare aver optato per sottoporre gli italiani a continue vaccinazioni, anche perché vittima degli indirizzi in materia provenienti dall’Unione Europea.

Bruxelles ha infatti stipulato un contratto con Pfizer Biontech, al fine di acquistare abbastanza dosi (900 milioni) da distribuire ai 27 Stati entro il 2022. Anche in ragione di ciò, siamo dinanzi alla necessità di prospettare le scelte politiche su cui il nostro governo probabilmente opterà in campo vaccinale.

Terza dose obiettivo politico più che sanitario

In primis, è doveroso annotare che la nostra campagna di vaccinazione abbia ad oggi coinvolto circa l’82% dei cittadini. Una percentuale considerevole e soddisfacente, ben superiore a quella di altri Stati dell’Unione Europea. Eppure, ministri ed esponenti della maggioranza hanno auspicato ad un aumento del numero di vaccinati. Obiettivo politico più che sanitario, da ottenere attraverso l’estensione di strumenti persuasivi come il green pass. Tuttavia, tale certificato potrebbe non bastare, dato che con la terza dose da sottoporre nuovamente a quasi 70 milioni di cittadini si provocherebbe una confusione ingestibile.

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L’unico possibile (e negativo) scenario all’orizzonte potrebbe essere dunque quello dell’obbligo vaccinale. Permettere che gli italiani siano vaccinati con tre dosi nei prossimi mesi appare impossibile (oltre che inutile) se ci si basa sulla sola libertà di scelta. Ragion per cui non sarà sorprendente assistere ad un prossimo intervento di coercizione che imponga di sottoporsi ad un trattamento sanitario in certi casi non necessario.

Tommaso Alessandro De Filippo