È conosciuto il legame tra calcio e popolo nella città di Napoli, luogo dove il mondo identifica Diego Armando Maradona, volto ed icona di questo sport. Eppure, ancora oggi appare complesso spiegare ai più quel che un napoletano prova nel raccontare la propria squadra e, di conseguenza, un lato della propria città. Dai sogni dei bambini alle speranze degli adulti, attorno ad 11 giocatori si è stretta una speranza di rinascita che potrà avvenire anche attraverso l’amore per il calcio. Al fine di comprendere maggiormente tale fenomeno quasi unico, abbiamo intervistato Arturo Minervini, il narratore forse più esperto di questo legame simbiotico. Minervini cura la rubrica “Da Zero a Dieci” dopo ogni partita del club ed ha scritto testi sulle figure che hanno rappresentato la storia del Napoli, oltre a romanzi di ambito culturale. È prevista a breve la pubblicazione di “Napoli vista Marek” incentrata sul cammino del calciatore durante i 12 anni trascorsi all’ombra del Vesuvio.
L’arrivo di mister Luciano Spalletti al Napoli ha portato speranza, nonostante le perplessità di alcuni osservatori.
Hai creduto fin dal principio che potesse essere la figura adatta per guidare la squadra?
Spalletti è un personaggio complesso, anche dirompente. Fare previsioni sul suo impatto con una piazza complessa come Napoli non era semplice. È però un allenatore di campo, che insegna calcio, che prende per mano le squadra, con grande personalità. Forse questo Napoli aveva bisogno proprio di uno che lo prendesse per mano, sopratutto dopo l’enorme delusione di Napoli-Verona.
Qual è stata la principale rivelazione del club fino ad oggi?
Aspettarsi un Anguissa su questi livelli era impossibile, credo che nessuno potesse prevederlo. Questo ragazzo ha messo qualità e quantità, ha dato ordine e sicurezza a chi gli gioca accanto. È stata un’intuizione straordinaria in chiusura di mercato.
Chi, invece, sta maggiormente deludendo?
Insigne sta avendo dei passaggi a vuoto che non sono da lui. Problemi fisici, confusione nella testa, con l’ambiente spaccato in due per la questione rinnovo che non aiuta di certo. Mi sarei aspettato di più anche da Lozano, è fino ad ora lontano da quel giocatore che nella prima parte dello scorso campionato aveva fatto la differenza.
In una città come Napoli il calcio è spesso anello di congiunzione con il popolo. Un contenitore di emozioni, sogni e speranze. Provi anche tu questa simbiotica vicinanza quotidiana?
La provo e provo a raccontarla. Negli occhi della gente trovi sempre una traccia di una partita vinta o di una sconfitta amara. Anche nel silenzio, i napoletani sanno raccontarti i loro umori e le loro sensazioni legate alle sorti della squadra.
Di recente hai pubblicato dei testi che spaziano dall’argomento calcistico a quello letterario. Ce ne parli?
Scrivere è una necessità. Raccontare, raccontarsi è un modo per vivere tante vite, in corpi che non sono il tuo. Mi piace il calcio, ma scrivo anche romanzi e la voglia è di spaziare sempre più.
Ritieni che la figura di Diego Armando Maradona possa o debba generare delle opportunità di crescita nel mondo per squadra e società?
Viviamo in una società che vive di simboli, di icone. Se disegno una mela, tutti pensiamo subito alla stessa cosa. Figuriamoci quanto possa diventare iconico uno come Maradona, legato a doppio filo alla città di Napoli.
Al netto delle preferenze personali, quale club ritieni possa essere il favorito per la vittoria dello scudetto?
È una stagione strana, probabilmente la quota scudetto sarà più bassa. Per organico non possiamo pensare che all’Inter, anche se l’Atalanta solitamente nel girone di ritorno fa sempre più punti delle altre. Del Napoli meglio non parlare, teniamo un profilo basso.
In chiusura, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
A breve verrà pubblicato un libro che racconta gli anni napoletani di Marek Hamsik dal titolo ‘Napoli Vista Marek’. Sarà una passeggiata nei dodici anni in azzurro del numero 17.