Archivi tag: Mario Draghi

ALBERTO CIAPPARONI: STORIA DI UN GIORNALISTA CONTROCORRENTE

Alberto Ciapparoni è tra i giornalisti con la più vasta esperienza e conoscenza dell’ambito politico, maturata nel corso della sua ventennale carriera professionale, incentrata principalmente sulle dinamiche parlamentari. Negli scorsi anni ha pubblicato “A spasso per Montecitorio” in cui racconta aneddoti, esperienze e retroscena interni ai nostri “palazzi del potere”. Ad oggi, è responsabile politico per l’emittente radiofonica RTL. Abbiamo ammirato il coraggio dimostrato nella conferenza stampa del 22 dicembre, in cui ha pungolato il premier Mario Draghi sulle proprie sviste e contraddizioni comunicative, relative nel merito alle dichiarazioni dei mesi scorsi sul Green Pass, tradite dai fatti e dalle recenti decisioni dell’esecutivo. Pertanto, aver dialogato con lui, ascoltandone analisi e prospettive è stata per noi opportunità preziosa e formativa.

La sua domanda rivolta a Mario Draghi, nel corso della conferenza stampa di fine anno, ha suscitato clamore mediatico. Ritiene che il premier abbia commesso degli errori comunicativi nel trattare la tematica del Green Pass ed, in generale, dal suo arrivo a Palazzo Chigi?

Si! Sul piano comunicativo penso siano stati commessi degli errori, perchè ritengo che l’autorevolezza di un capo di governo dipenda anche dalla capacità di riconoscere sviste ed errori, correggendosi in seguito. Pertanto, ammetto che mi sarei aspettato risposta differente dal premier, che è stato elegante nel porsi ma ha commesso un errore comunicativo.

In passato ha pubblicato il libro “A spasso per Montecitorio” dove sono raccolti aneddoti e retroscena della vita politica, frutto della sua esperienza ventennale di giornalista parlamentare. Qual è il ricordo più intenso e piacevole che ha di tale ambiente?

Potrei raccontare tanti episodi riguardanti deputati, colleghi giornalisti, esponenti di partito o addirittura commessi e funzionari parlamentari. Fare una classifica degli episodi è di fatto impossibile, sono insiemi di ricordi e vissuti che formano poi il proprio background professionale.

In che modo è nata la passione che l’ha poi condotta verso l’ambito giornalistico?

Nacque con Montanelli, leggendo i suoi articoli e libri, ricevuti in regalo dai miei genitori. La mia ambizione era di avvicinarmi alla sua caratura sul piano della competenza, anche se ciò è impossibile. Tuttavia, sono riuscito a diventare un giornalista e dunque ritengo che il mio sogno si sia realizzato.

Da navigato giornalista parlamentare, in che modo prospetta l’elezione del Capo dello Stato?

È difficile prevedere l’esito di una partita politicamente così complessa, le brutte figure potrebbero essere dietro l’angolo. Sin dal suo arrivo a Palazzo Chigi ho sempre sostenuto che il vero obiettivo di Mario Draghi fosse quello di farsi eleggere al Quirinale. Resto convinto della papabilità di tale scenario. I toni ed i modi utilizzati nella conferenza stampa di fine anno dimostrano nuovamente come questa sia la sua intenzione.

Che tipo di persona è Alberto Ciapparoni al di fuori dell’ambito lavorativo? Che interessi e passioni cura?

Sono una persona normalissima che ama il calcio e lo sport in generale. Pratico attività sportiva, che rappresenta uno sfogo rispetto agli impegni lavorativi ed alle tante difficoltà quotidiane della vita.

Come prospetta il futuro della coalizione di centrodestra? Riuscirà a mantenere e rafforzare la propria unità politica?

Credo che la coalizione sia giunta ad un momento cruciale, dove ad interpretare un ruolo fondamentale sarà nuovamente Forza Italia. Nonostante Berlusconi venga considerato “immortale” bisogna attendersi che prima o poi la sua parabola politica volga al termine. Pertanto, il futuro del cdx dipenderà dall’evoluzione degli azzurri e dalla capacità di Salvini e Meloni di instaurare un buon rapporto con l’Europa. In tal caso sarà possibile costruire un proficuo progetto futuro, in alternativa si rischia di veder sfumare anche la possibile prospettiva unitaria.

In chiusura, quali sono i suoi progetti per il futuro?

Continuare a svolgere il mio lavoro per lungo tempo, che nonostante le difficoltà resta per me passione e fonte di divertimento.

Draghi vuole il Quirinale, ma non che si torni al voto

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Mario Draghi ha dimostrato l’assoluta intenzione di voler accasarsi al Quirinale non appena arriverà la fatidica data dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Velleità comprensibile ed ampiamente prevista, dato l’inferno parlamentare con cui confrontarsi quotidianamente, imparagonabile con la serenità (e la possibilità di incidere maggiormente) derivante dal Colle. Di dibattiti sulle candidature papabili per il pregevole incarico ne avevamo ascoltati per settimane. Almeno fino a quando l’attuale premier non ha deciso di palesarsi di fatto.

Abbiamo già affrontato le intenzioni pro-Quirinale di Draghi. Ad oggi, riteniamo maggiormente utile trattare delle difficoltà che riscontrerà chi avrebbe interesse ad eleggere al Colle una figura differente. In primis, è necessario ribadire come il presidente del Consiglio goda di un cordone mediatico che rende complesso attaccarne la figura istituzionale. Gli errori comunicativi ed organizzativi commessi dall’arrivo a Palazzo Chigi sono stati più giustificati dai che criticati. Anche in ragione di ciò, è consequenziale che egli pretenda una sorta di incoronazione come Presidente della Repubblica.

Lo scenario: Draghi al Quirinale e voto non prima del 2023

Nel corso della conferenza stampa di fine anno, tenutasi il 22 dicembre scorso, ha utilizzato un tono piuttosto diretto e deciso, dichiarando di non attendersi cambiamenti di maggioranza dopo la partita del Colle. Monito che suona come un tentativo di ottenere una maggioranza piuttosto larga per farsi eleggere, che non comporti però un successivo ritorno alle urne. E’ qui che è situata la problematica successiva all’eventuale salita di Draghi al Quirinale.

L’intenzione di buona parte del Parlamento è infatti quella di attendere la fine naturale della legislatura prima di confrontarsi nuovamente con le urne. L’ex presidente della Bce è sembrato pertanto voler rassicurare i parlamentari, prefigurando la nomina di un nuovo presidente del Consiglio. Sono in tal senso mere illusioni quelle di numerosi esponenti partitici che immaginano per sé, o per un proprio fidato, il ruolo di nuovo premier. Appare chiaro che solo una nuova figura tecnica o un uomo di stretta fiducia di Draghi potrebbe rivestire tale incarico sotto sua nomina. Motivazione ulteriore per cui attendersi sorprese e stravolgimenti dall’inizio di un 2022 che si preannuncia politicamente confusionario.

L’esercito mediatico di Draghi: così è stato creato un “cordone” attorno al premier

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Prescindendo dalle opinioni sulla figura di Mario Draghisul suo passato e sul suo operato ora che ricopre un ruolo politico è doveroso osservarne alcune caratteristiche. L’ex presidente della Bce soffre visivamente il confronto su argomenti prettamente politici, non disponendo di fluida oratoria e peccando di inesperienza all’interno del dibattito parlamentare. Certo, ciò non influisce direttamente sulle effettive capacità di gestione del potere. Eppure crediamo comporti l’obbligo di alcune considerazioni anche figlie dei giorni nostri.

In primis, urge comprendere che la politica odierna è composta anche dall’imprescindibile necessità di apparire come delle persone vicine ai sentimenti e alle abitudini popolari. In molti hanno ottenuto consenso grazie alla propria esposizione pubblica, capace di produrre simpatia ed interesse tra i cittadini. Si potrebbe replicare annotando che Draghi non ha alcun bisogno di consenso elettorale.

Tuttavia, non dover creare un proprio partito al termine dell’incarico da premier non esula dalla necessità di essere apprezzato dagli italiani. Essi custodiscono dal principio della seconda repubblica la necessità di rispecchiarsi nella leadership governativa presente al momento. Tale bisogno appare costante pure per gli oppositori dei premier, dato che anche l’accusa e l’avversione sono presenti nella nostra agorà. Draghi ha presumibilmente soppesato la possibilità di risultare antipatico (oltre che gelido) ai più, rischiando però di produrre con i rimedi ulteriori danni.

Un “cordone protettivo” attorno a Draghi

Ad esempio, la sua critica agli “inglesismi” adoperati spesso nei pubblici eloqui è apparsa decisamente forzata, avanzata sotto evidenti consigli. Inoltre, la rigidità dei modi e la staticità del tono vocale sono difficilmente considerabili emozionanti, mentre la situazione sociale necessiterebbe di comunicazione empatica. Anche in ragione di ciò, il discorso tenuto a Montecitorio per esporre il Pnrr ha mostrato inefficienze comunicative che inducono delle riflessioni. Emettere risatine alla pronuncia di espressioni inglesi ha portato molteplici osservatori a credere che il discorso non fosse neanche stato letto o preparato prima.

A confermare ciò è che l’esperienza tecnica del premier predispone per altri l’incarico di scrivere i discorsi da tenere in pubblico, oltre all’incapacità di esprimersi “a braccio” di Draghi. Appare pertanto ancor più allucinante il cordone protettivo issatogli attorno da media ed opinione pubblica, onde evitare la scoperta di imperfezioni e difetti riguardanti la sua figura. Numerose emittenti online e programmi televisivi enfatizzano con toni messianici l’avvento di Draghi a Palazzo Chigi. E’ comprensibile che radical chic ed eurolirici pongano l’attenzione mediatica su di lui, sviandola magari dai fallimenti della Ue. Eppure, siamo convinti che la solennità del momento dovrebbe imporre serietà ed onestà intellettuale, piuttosto che i soliti climi da stadio. Dovrebbe pertanto proprio essere la serietà ad imporre ai commentatori abbagliati da “SuperMario” di averne osservazione meno faziosa, anche criticandone difetti ed errori.

Tommaso Alessandro De Filippo

Tasse e Quirinale: Draghi ha messo nel sacco la maggioranza


Tommaso Alessandro De Filippo
10/10/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 10 ott – Si discute sin dalla nascita dell’esecutivo a guida Draghi sulla scelta di Lega e Forza Italia di aderirvi. Una decisione che ha diviso la coalizione di centrodestra, fino a quel momento rimasta tendenzialmente unita in opposizione al Conte-bis. Per questo entrambi i partiti potrebbero valutare di lasciare il governo.

Lega e Forza Italia non toccano palla

In primis, essere parte integrante di una maggioranza così disomogenea rende di fatto impossibile far prevalere i punti cardine del proprio programma politico. Dimostrazione esemplare di quanto affermato si è avuta negli scorsi giorni, con la riforma del catasto che spalanca le porte ad una futura patrimoniale sulla casa ed un eventuale innalzamento di tasse. Problematiche politiche su cui i due partiti di centrodestra al governo hanno incentrato le proprie battaglie, convinti che tassare ulteriormente gli italiani sia dramma da evitare. Tuttavia, con l’arrivo della finanziaria da scrivere ed approvare entro fine anno lo spettro di un possibile aumento delle tasse tornerà ad aleggiare. Pertanto, restando al governo, Lega e Forza Italia rischiano di subire dei veri e propri abusi politici dal resto della maggioranza.

Leggi anche: Draghi incontrerà Salvini. Ecco perché la Lega è costretta a restare al governo

In secondo luogo, l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale difficilmente si baserà sulle intenzioni del centrodestra. Le speranze di Silvio Berlusconi di salire al Colle sono probabilmente destinate a restare tali ed il volto designato finirà per essere accettato dalla maggioranza del Parlamento.

Così si perdono anche le elezioni

Prendere atto dell’impossibilità di avere una reale voce in capitolo sarebbe importante, tanto più se restare in maggioranza comporta anche delle nette penalizzazioni elettorali. Il clima di sfiducia di alcuni elettori (in particolare nelle periferie) ha prodotto un astensionismo stratosferico. Penalizzando una sempre più divisa coalizione e regalando le vittorie nei principali comuni italiani al centrosinistra. Ulteriore motivazione per innescare una crisi di governo, con cognizione di causa, e tornare nelle file dell’opposizione.

Sarebbe occasione utile per provare a ritrovare unità e stipulare dei programmi politici concreti e credibili in vista delle elezioni del 2023, pena il rischio di perderle. Siamo consci delle difficoltà di assistere a tale scenario e delle divisioni all’interno di Lega e Forza Italia, che rischiano di rendere davvero complessa una pur auspicabile uscita da esso.

Tommaso Alessandro De Filippo

Draghi tenta la fuga al Quirinale per sganciarsi dall’emergenza


Tommaso Alessandro De Filippo
13/11/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 13 nov — E’ tematica principale dell’agorà pubblica la possibile elezione di Mario Draghi come prossimo Presidente della Repubblica, su cui giornali, talk show e dibattiti partitici si concentrano da mesi. Sin dal principio di nascita dell’attuale esecutivo a molti parve scontato immaginare il premier sicuro successore di Sergio Mattarella al Colle, giunta la scadenza naturale del mandato. Eppure, nel corso delle settimane l’ipotesi è andata ponendosi in maggiore discussione, frutto degli equilibri interni alle dinamiche parlamentari. In primis, è da considerare l’evidente difficoltà che, con la salita di Draghi al Quirinale, vi sarebbe nel consegnare l’incarico di Presidente del Consiglio ad una nuova figura.

Con Draghi al Colle impossibile chiudere la legislatura nel 2023

Stando alle regole costituzionali sarebbe Renato Brunetta, il ministro più anziano, a dover ricevere il testimone di Draghi. Pertanto, appare chiaro che concludere la legislatura alla scadenza ufficiale del 2023 diventerebbe di fatto impossibile. Anche in ragione di ciò, complice l’arrivo della pensione parlamentare previsto per la fine del 2022, pare sempre più ampliarsi il fronte di coloro che ambiscano nella permanenza di Draghi a Palazzo Chigi.

I grillini tremano

Infatti, in particolare nel M5S, il numero di coloro che non sarebbero rieletti in nessuna delle due Camere risulterebbe parecchio elevato. Una difficoltosa prospettiva che nessuna figura parlamentare tende a voler accelerare con un prematuro scioglimento delle Camere.  Tuttavia, l’attuale Presidente del Consiglio preferirebbe di gran lunga traslocare al Quirinale, residenza dove potrebbe osservare l’agorà politica con maggiore distacco e serenità.             

Infatti, l’esperienza di Draghi e la sua conoscenza degli ambiti burocratici ed istituzionali europei lo rende pienamente consapevole delle imminenti problematiche da gestire. Con il ritorno del Patto di Stabilità che aleggia sulla fine del 2022 ed un Recovery Plan ancora tutto da attuare la crisi economica e sociale italiana non potrà che ampliarsi.

Strade senza uscita

Inoltre, Mister Bce non è certo un abitudinario delle divergenze tra i partiti che contraddistinguono le giornate interne ai palazzi del potere. Ulteriore motivazione per cui soffra e mal sopporti i continui litigi tra fazioni, verso cui non è interessato e che rappresentano esclusiva melma in cui evitare di impantanarsi. Tuttavia, è probabile che nei prossimi mesi queste sabbie mobili travolgano il premier e lo “condannino” ad osservare da spettatore l’elezione del Capo dello Stato. Una delle beffe a cui deve necessariamente abituarsi chi riveste pregevoli incarichi istituzionali, contornati da metaforiche stanze con ingressi dorati e splendenti ma prive della porta di uscita.

Tommaso Alessandro De Filippo