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ALARICO LAZZARO RACCONTA ÈRIC ZEMMOUR E LA CORSA ALL’ELISEO

– Tommaso Alessandro De Filippo

Alarico Lazzaro nasce a Bari il 1° settembre 2001 ed è scrittore e saggista. Ha già pubblicato il saggio classico “Il lato oscuro del mondo greco” e la raccolta di racconti “Sangue in cambio di piume nere”.
“Éric Zemmour. Un intellettuale in corsa all’Eliseo” è il suo ultimo saggio, pubblicato da Historica Giubilei-Regnani.
Collabora con LSD Magazine di Bari, dove cura rubriche di cultura, geopolitica, cinema ed attualità. Dopo la maturità e la rappresentanza d’istituto al Liceo Classico Quinto Orazio Flacco di Bari è studente di Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
Abbiamo dialogato con lui sul suo ultimo testo, incentrato appunto sulla figura di Eric Zemmour, e sugli stravolgimenti per la nazione francese che la corsa all’Eliseo del prossimo aprile potrebbe scatenare.

In che modo nasce l’idea di strutturare il tuo nuovo libro, dedicato alla figura di Eric Zemmour?

Ho cominciato ad approfondire la sua persona per una grande passione ed interesse che nutro per figure così peculiari e controverse. Tutte le grandi firme della storia del giornalismo si sono sempre distinte per anticonformismo ed una forma acuminata di critica sociale. Quando ad agosto ho letto dell’ormai prossima uscita del suo saggio “La France n’a pas dit son dernier mot” ho intuito le sue velleità elettorali ed ho deciso di raccontare un unicum della storia politica francese e non solo, un intellettuale in corsa all’Eliseo. Nel libro racconto Zemmour a partire dai suoi libri, discorsi ed eventi senza gli approssimativi pregiudizi che spesso lo hanno accompagnato negli anni.

Quali sono i principali avvenimenti politici che lo portano ad inserirsi ufficialmente nella corsa all’Eliseo?

Zemmour ha sempre vissuto la politica dalla sua scrivania di “Le Figaro”, auspicando negli anni che altri politici di rango e professione cogliessero le sue istanze e riflessioni portandole nell’agone elettorale. Negli ultimi anni la Francia ha vissuto crisi strutturali che hanno minato l’integrità e l’essenza del paese emblema del multiculturalismo per eccellenza. La mattanza di Charlie Hebdo, la notte di terrore di Parigi del 13 novembre 2015, il lungomare di sangue di Nizza, le rivolte dei Gilets Jaunes e la pandemia sono stati il climax di una crisi sociale e politica che ha spinto Zemmour a scendere in campo, sfruttando la debolezza delle forze politiche tradizionali come i Repubblicani gollisti orfani di Sarkozy ed i socialisti affondati con i mandati fallimentari di Hollande. Un terreno propizio per una corsa elettorale imprevedibile.

Ritieni che il suo programma elettorale promuova novità ed istanze importanti per una nazione come la Francia?

Zemmour promuove istanze audaci e sicuramente non buoniste, tra cui la volontà di militarizzare le banlieues dove prospera una sorta di cameratismo di altri tempi, come lui stesso lo definisce, e dove le stragi dei fondamentalisti sono state concepite, l’abbassamento dell’età adulta per crimini sociali da 18 a 16 anni, l’espulsione di immigrati irregolari e delinquenti. A tal proposito ha rivendicato l’uscita della Francia dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, considerato che il principio aureo del diritto internazionale del “non refoulement” gli impedirebbe di dare seguito a certe istanze di rimpatrio ed espulsione.
Inoltre è ferma la sua opposizione al gigante di Bruxelles ed il massimo supporto per la costruzione di un’Europa dei popoli e degli Stati Sovrani. Importantissima per lo scrittore è anche la cultura, con l’apertura di un nuovo grande Ministero dell’Istruzione, il potenziamento della matematica nelle scuole, la messa a punto di nuovi percorsi professionali che immettano i giovani nel mondo del lavoro e che ne premino il merito. Nel programma colpisce il rimborso del 50% per il prezzo del carburante di chi si reca al lavoro in autonomia, una mossa astuta e che richiama ai seggi i Gilets Jaunes

Zemmour può essere un modello europeo per la lotta al terrorismo ed al fanatismo islamico?

La Francia, in questi ultimi anni, è stata inghiottita dall’incubo del terrorismo. È stata colpita a freddo da quelli che riteneva suoi figli e la notte del 13 novembre del 2015 le forze speciali francesi hanno dimostrato una totale impreparazione dinanzi alla gravità di ciò che stava accadendo. Hollande aveva sottovalutato la minaccia. Sarkozy nel 2008 e Zemmour ripetutamente hanno spesso denunciato la pericolosa spaccatura sociale e demarcazione che si crea fra i centri cittadini e le periferie ricettacolo dell’Islam radicale. Sono due mondi paralleli che si squadrano e che si invidiano. L’Occidente invidia la ferrea disciplina del vicino, l’Oriente ne invidia la libertà. Per Zemmour l’esito è scontato: scontro di civiltà.
Zemmour non fa tra l’altro distinzioni etniche fra criminali o delinquenti ma a differenza di altri politici non ha paura di condannare la contro-crociata ideologica in atto. Bisognerà capire, in caso di elezione, se le sue istanze potranno essere accolte dalla comunità europea e se sarà l’Europa ad islamizzarsi o gli islamici ad europeizzarsi.

Ritieni possibile l’auspicabile formazione di una coalizione che comprenda le tre destre francesi, magari in vista del secondo turno elettorale?

Lo riterrei più auspicabile che probabile o quantomeno possibile. Le variegate anime della destra francese sono troppo diverse per trovare una configurazione elettorale unitaria almeno al primo turno, ma ci sono punti di convergenza interessanti, che stanno emergendo in queste settimane.
Valérie Pécresse è in crisi ed i principali sondaggi la attestano intorno al 12% dopo un meeting allo Zénith che definire disastroso sarebbe riduttivo. Rievoca i fasti del neo-gollismo ma traduce con meno enfasi gli argomenti di Le Pen e Zemmour senza convinzione. Ciotti, che è arrivato secondo alle primarie è già pronto a sostenere la Reconquete.
Marine Le Pen invece vive una drammatica crisi di leadership ed è stata abbandonata da numerosi dei suoi alfieri: Nicolas Bay, Eléonore Revel, Jérome Riviere, Gilbert Collard e Stéphane Ravier. La maggioranza degli europarlamentari di un gruppo, quello di Identità e Democrazia, che vedeva proprio in Marine la leader naturale. Lei non si ritira, ma è un testa a testa serrato con Zemmour che probabilmente incasserà il supporto di Marion Marechal, nipote di Marine. Difficilmente uniranno le forze al primo turno, basta l’esempio della visione Europea per far crollare il mito di Zemmour specchio di Le Pen. Il primo vuole la Francia dominante in Europa, la seconda non ha mai nascosto le sue istanze da Frexit.

Quali sono i principali errori politici di Macron su cui Zemmour ha potuto facilmente strutturare opposizione mediatica e comunicativa?

Macron ha compiuto una rivoluzione politica rinnovando il sentimento europeista della Francia ed il riformismo politico che anche oggi molte forze di centro rivendicano nei propri programmi. Nel libro racconto anche della sua cavalcata elettorale attraverso le parole del portavoce di En Marche, Christian Dargnat, che afferma che la vittoria di Macron si sia modellata sui territori, sull’uso sapiente dei social ed il coinvolgimento dei giovani. Mentre Macron usava benissimo gli strumenti della nuova era digitale tuttavia le strade delle città francesi e quelle parigine si riempivano di manifestanti ed il Paese collassava per il caro carburanti con una fetta della popolazione che veniva risucchiata dalla crisi economica a causa dei bassi redditi. Crisi esplosa e deragliata ancor più dai suoi binari con la pandemia che in Francia ha mietuto moltissime vittime. Macron ha rivendicato risultati migliori rispetto ai mandati di Hollande, ma sfigurare rispetto alla vacuità del predecessore è impossibile. Nonostante ciò Macron rimane saldo in testa ai sondaggi mentre Zemmour erode consensi e rincara la dose facendo leva su temi come immigrazione, cultura, identità, sicurezza e ripresa delle zone rurali degli ultimi o dimenticati, per dirla con un lessico trumpiano, la “silent majority” francese.

Qual è la formazione di questa figura controversa ed innovativa per la destra francese ed europea?

Zemmour è un aristocratico della cultura: un saggista, uno scrittore, un giornalista ed un acuto osservatore dei fenomeni politici e sociali che lo circondano.
La Francia è un paese che tutela i suoi intellettuali. In Italia preferiscono nascondersi, omologarsi, lasciarsi passivamente trascinare nel baratro della massificazione. Non è un caso che il fenomeno Zemmour affondi le sue radici in terra transalpina mentre qui si glorificano Influencer e tormentoni privi di alcuno spessore intellettuale. La sua è una storia particolare. Nato in Francia da una famiglia ebrea emigrata dall’Algeria prima che nella colonia divampi il conflitto con la Madrepatria. Un’infanzia di assimilazione, rispetto della cultura francese ed amore per lo studio. Da De Gaulle a Balzac, passando per Napoleone e Molière. Oggi non è solo. Tanti intellettuali guardano al presente con sfiducia e non si arrendono all’abulia. Il capitolo 9 del libro è stato pubblicato anche nella sezione esteri della rivista numero 16 di Nazione Futura. Racconta di Onfray, Houellebecq e de La Boétie, dell’opposizione alla cancel culture perfino di uomini che hanno trovato nella destra, dopo anni di battaglie progressiste, un nido per lo sviluppo di una cultura libera e del rispetto delle opinioni altrui.
Zemmour con i suoi libri permette un viaggio catartico alla scoperta della crisi francese. Si comincia con “Malinconia Francese”, passando per “Il Suicidio Francese” ed infine si giunge alla “Francia che non ha ancora detto la sua ultima parola”, è questo che mi ha colpito fin dagli albori della sua cavalcata.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Saranno due mesi estremamente movimentati, la tornata elettorale si avvicina e potrebbe essere clamorosamente decisiva per il futuro francese. Con il lancio del libro sto continuando a seguire con molto entusiasmo la sfida che ha visto il rilancio di Zemmour dopo un gennaio di parziale stagnazione. Ho altre idee per diversi progetti editoriali su cui mi concentrerò. Leggere, scrivere, comprendere il presente significa realmente vivere con cognizione di causa i fenomeni culturali, politici e sociali. Quando mi sono approcciato all’analisi di Zemmour ho notato spesso la faziosità dei media nostrani. Nessuna menzione approfondita a riflessioni o contenuti, solo ricorrenti accuse di razzismo, omofobia e fascismo.
Per non rimanere sbigottiti dinanzi a fenomeni politici particolari e controversi, come fu quello di Trump nel 2016, basterebbe leggere, studiare ed ogni tanto puntare i fari sui reali problemi di cui la politica di rango ha smesso da tanto, troppo tempo, di farsi carico.
Zemmour incarna la grandeur della tradizione francese ed in fondo occidentale, ed ha una visione ben precisa per il futuro.

STEFANO PIAZZA RACCONTA PERICOLI E SEGRETI DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO

– Tommaso Alessandro De Filippo

Abbiamo intervistato Stefano Piazza, esperto di terrorismo islamico, a cui ha dedicato svariati testi e saggi, volti a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sui rischi derivanti dalla sottovalutazione del fondamentalismo. Pertanto, siamo certi che l’ascolto delle sue analisi sia per noi una fonte di conoscenza e formazione sugli approcci che potrebbero riverlarsi utili e necessari verso tale emergenza. Attualmente, Piazza collabora con Panorama e La Verità e sarà in futuro ancora impegnato nell’affronto di questo tema, su cui la UE ha intrapreso una strada di approccio totalmente errata, figlia dell’ideologismo buonista.

Da esperto osservatore del fanatismo islamico pensa che l’Europa possa subire dei nuovi ed imminenti attacchi terroristici?

Ogni giorno leggiamo di operazioni antiterrorismo in tutta l’UE e la lista degli attentati sventati è lunghissima. Impossibile prevedere cosa puo’ succedere in Paesi esposti come la Francia, il Belgio, l’Inghilterra, la Germania o la Spagna, solo per citarne alcuni. Oggi è piu’ complicato per i terroristi organizzare operazioni nelle quale vengono utilizzati molti uomini perché l’attenzione delle forze dell’ordine e dell’intelligence è diversa rispetto al passato. Tuttavia, piccole cellule restano un pericolo latente senza dimenticare i cosidetti “lupi solitari” (che solitari non sono mai) che possono colpire e lo fanno ovunque.

 Per l’Occidente in che modo sarebbe possibile svilluppare una strategia difensiva efficace, che funga da deterrente per i terroristi?

 Nel contesto attuale mi pare impossibile. L’Occidente ha scelto da tempo di suicidarsi. Si faccia un giro nelle principali capitali europee e guardi cosa siamo diventati.  

Ritiene che l’immagine degli USA deboli, derivante dal disastroso ritiro afgano e da un possibile accordo al ribasso stretto ora con Putin possa incentivare e favorire nuovi attacchi terroristici?

 Non credo che gli Stati Uniti siano deboli. Hanno l’esercito piu’ potente al mondo, mezzi di ogni tipo, le armi piu’ efficaci e dispongono di tecnologie avanzatissime, inoltre controllano tutti i mari e gli ismi del pianeta. Tutti. Semplicemente gli americani hanno deciso di uscire dalla logica imperialistica per darsi a quella imperiale che prevede che si interviene solo se si deve (pensandoci bene) e non solo perchè si puo’. Fare i gendarmi del mondo è costato miliardi di dollari e migliaia di vite umane, tutte cose che l’America di oggi non si puo’ piu’ permettere. Oggi chi minaccia gli interessi della piu’ grande potenza del pianeta è la Cina quindi il focus è quello. Per quanto riguarda Putin lui ha scatenato questa crisi e sempre lui ha fatto marcia indietro una volta che il suo ministro degli Esteri è riuscito a fargli capire in che guaio si era cacciato. Persino Joe Biden che non brilla come Presidente ha capito che bastava stare fermi per mettere con le spalle al muro Putin. Per il resto è noto che qualsiasi tipo di vittoria, sia politica che militare o anche entrambe, è una fonte di ispirazione per l’ideologia dell’islamismo radicale. Il fatto che i Talebani abbiano ripreso il controllo dell’Afghanistan grazie al disimpegno degli USA, è ovviamente una vittoria degli islamisti radicali. La vicenda dell’Ucraina non credo possa cambiare le cose in un senso o nell’altro.

 In che modo valuta l’assetto attuale della UE, che sulla lotta al fondamentalismo non è mai riuscita a sviluppare un approccio comune?

 E’ un tema che ho toccato nei miei libri e in centinaia di articoli che ho scritto e lo riassumo con una sola parola: Fallimentare. Come si puo’ pensare di combattere il fondamentalismo islamico quando si finanziano progetti legati alla Fratellanza musulmana che è l’anticamera del terrorismo? Impossibile.

Cosa si cela dietro certa propaganda e quanto il Corano è realmente collegabile all’ideologia delle milizie islamiche?

 Queste persone uccidono gridando “Allah Akbar” (Allah è grande) e si rifanno all’islam dei primordi, quello di predicatori e giuristi come il siriano Ibn Taymiyya Taqī al-Dīn Abū al-ʿAbbās Ahmad (1263 +1328) oppure il saudita Muhammad ibn ʿAbd al-Wahhāb al-Tamīmī al-Najdī (1703 +1792) o piu’ recentemente a ideologi come gli egiziani Hasan al-Banna, fondatore della Fratellanza musulmana  ( 1906 + 1949) e il suo discepolo Sayyid Qutb (1906 +1966). Cosa è collegabile ? Il Corano.

In che modo ritiene si sarebbe dovuto approcciare diplomaticamente alla vicenda afgana? 

 Gli americani hanno fatto bene ad andarsene, il come ormai è storia. Gli afghani che non sono un popolo ma un insieme di etnie che si odiano e si combattono da sempre, meritavano e meritano finalmente di essere lasciati pace. In verità loro odiano la modernità e vogliono continuare a vivere come hanno sempre fatto e dobbiamo solo prenderne atto. Ad esempio, non vogliono che nessuno gli tocchi il loro diritto di picchiare le loro mogli oppure di impiccare una persona che per fame ruba una mela. Quindi andare li, invadere, aiutare, criticare, mettere in piedi governi fantoccio e spendere miliardi di dollari non è mai servito a nulla. I soldi che gli dai finiscono nei conti bancari a Dubai o in Qatar mentre le armi che gli regali le usano per spararti addosso quando ti giri. Gli ospedali? Rubano tutto e rivendono tutto quello che possono. Poi i medici europei li curano, cosi’ quando escono possono di nuovo spararti. Semplicemente in Afghanistan che è oggi un “narco terror state”, non bisogna fare nulla. L’Afghanistan deve diventare un problema solo dei loro vicini ad esempio del Pakistan che si merita ogni guaio visto che i servizi segreti pakistani hanno inventato a tavolino i Talebani, dell’Iran che è un altro “terror state”, oppure della Cina che oggi ha bisogno di qualche problema così da non crearli in giro per il mondo. Per quanto riguarda la Russia di Vladimir Putin sa molto bene come trattarli.

Quale leader mondiale del passato ritiene abbia raggiunto i migliori risultati nella lotta al terrorismo islamico?

 A livello politico l’ex primo ministro francese Manuel Carlos Valls ( in carica tra il 2014-2016) fu il primo ad agire con vigore anche a  livello europeo facendo comprendere la pericolosità della situazione. Per questo venne avversato anche nel suo partito (socialista) poi pero’ la sua carriera si è interrotta anche a causa di una serie di scelte sbagliate. Per quanto riguarda il contrasto puro del fenomeno Vladimir Putin non ha rivali. Li uccide tutti.

Il seme di tale ideologia può radicarsi anche nella cultura sociale di nazioni democratiche come l’Italia?

Radicarsi direi di no perché mancano le condizioni che vivono paesi come il Belgio o la Francia ma se si guarda ad alcune periferie italiane direi che la situazione non è buona. La politica farebbe bene a chinarsi sul problema.