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CON IL NUOVO DPCM È ARRIVATO IL GREEN PASS INFINITO


– Tommaso Alessandro De Filippo


È passata inosservata la spiacevole novità contenuta nel Dpcm varato il 2 marzo e pubblicato in Gazzetta, dunque divenuto effettivo, il 4. L’attenzione dell’opinione pubblica e mediatica concentrata comprensibilmente sulla guerra in Ucraina ha permesso di introdurre tra la quasi indifferenza generale una proroga apparentemente senza limiti definiti del green pass.

Fine green pass mai?

Certo, gli ennesimi annunci roboanti di esponenti dell’esecutivo promettono una progressiva regressione del certificato verde, che a partire da aprile non dovrebbe essere più necessario almeno per i locali all’aperto. Tuttavia, è necessario denunciare nuovamente come sia assurda la presenza effettiva di esso nella nostra vita sociale, soprattutto se paragoniamo lo status italiano a quello di altre nazioni europee, come il Regno Unito. Inoltre, nel famigerato Dpcm è a chiare lettere esplicitato che il Green Pass sarà automaticamente rinnovato ogni 540 giorni. Pertanto, con cadenza di 18 mesi il nostro cellulare rinnoverà automaticamente quella che si appresta a diventare una certificazione necessaria anche nell’epoca post-pandemica. Non è in nessuna parte del decreto contenuta con chiarezza la tempistica per la cancellazione dello strumento e neanche sono chiarite le condizioni che potrebbero impedirne il rinnovo. Infatti, se si ritiene necessaria la permanenza del green pass si intende anche proseguire per anni un richiamo costante della vaccinazione? Oppure, si potrà utilizzare il ricatto dell’annullamento di questo strumento per ogni individuo che non rispetti i parametri di sicurezza decisi dal governo attuale e futuro?

Chiarezza zero

È ovvio che la mancanza totale di chiarimenti su questi aspetti apra un vuoto normativo eccezionale e piuttosto grave: ci prepariamo ad una digitalizzazione della nostra democrazia senza aver discusso prima i parametri che essa dovrà sostenere? E cosa succederà in una società esclusivamente tecnologica se il QR Code si colorerà di rosso piuttosto che di verde? La convinzione sarebbe quella della necessità di incentrare il futuro della democrazia e del progresso su delle basi di libertà inalienabili. Eppure, i rischi derivanti dal trascurare delle garanzie doverose non appaiono interessare la maggior parte degli osservatori. Merito effettivo è stato in questa fase del quotidiano La Verità, il primo a rilanciare i rischi derivanti dall’introduzione del Dpcm, tra l’indifferenza di troppi.

Tommaso Alessandro De Filippo

Ma quale ripartenza, con l’obbligo vaccinale per over 50 l’Italia lascia a casa mezzo milione di lavoratori

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Dal 15 febbraio gli over 50 non muniti di super green pass sono impossibilitati a recarsi sul luogo di lavoro, non potendo esercitare in alcun modo la propria professione, ed hanno dovuto incassare anche lo stop dello stipendio mensile, poiché ritenuti assenti ingiustificati. Una situazione paradossale figlia della recente scelta del governo italiano di introdurre l’obbligo vaccinale, pena la cancellazione di ogni libertà civile basilare, sia anche quella di lavorare.

Scenario raccapricciante che non ha eguali se osserviamo le altre nazioni europee, dove il certificato verde non esiste o comunque è strettamente limitato ad alcune categorie lavorative. Abbiamo spesso denunciato nel merito e nel metodo le decisioni dell’esecutivo italiano, motivazione per cui osteggiamo anche questa scelta, che lede le fondamenta di tolleranza e rispetto della libertà di scelta altrui, che rappresenterebbero i punti cardini delle democrazie.

Le fanfare per la ripartenza? Propaganda fasulla

Tuttavia, a far da sfondo a tali prevaricazioni si sono aggiunti i toni propagandistici e trionfalistici di gran parte degli esponenti dell’esecutivo e dei partiti della maggioranza, che da settimane celebrano presunte riaperture e la ripartenza della vita sociale ed attività economiche. Una propaganda totalmente distante dalla realtà, dato che limitazioni e chiusure vanno di fatto aumentando con ogni decreto partorito in CDM. Infatti, con la scelta di introdurre il super green pass anche sui luoghi di lavoro, circa 500mila persone sono escluse dai rispettivi ambiti produttivi e professionali.

Le ripercussioni della decisione si concentreranno sul PIL italiano, che subirà ulteriore frenata, e sulle autonomie economiche delle rispettive famiglie, già provate da un periodo lungo di crisi sociale ed economica. Anche in ragione di ciò, lo stato dovrebbe immediatamente compiere un passo indietro, annullando ogni restrizione in atto e permettendo una piena ripresa del nostro tessuto economico. In alternativa esasperazioni e rivolte sociali rischieranno di tramutarsi in pericolosa routine, data l’impossibilità di molti di usufruire dell’unico argine esistente per fame e miseria: il lavoro.

Tommaso Alessandro De Filippo

Green pass obbligatorio? Italia unica in Europa ad averlo introdotto


Tommaso Alessandro De Filippo
25/09/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 25 set – Sin dal principio dell’emergenza pandemica abbiamo assistito a numerose celebrazioni del “modello italiano” che avrebbe ispirato il resto delle nazioni estere sulle metodologie da utilizzare per sconfiggere il coronavirus. Tuttavia, sono bastate poche settimane per rendersi conto che detenevamo in realtà il primato degli errori commessi. Una miriade di scelte sbagliate che hanno danneggiato, quasi irreversibilmente, il nostro tessuto sociale, lavorativo ed economico. Dovrebbe pertanto essere chiaro determinate modalità di repressione sociale non comportino alcun beneficio. Eppure, anche la ripartenza lavorativa e sociale dell’Italia appare essere basata sulla convinzione di rappresentare un esempio comune.

Il green pass c’è solo in Italia

In particolar modo sullo strumento del green pass, presentato come mezzo con cui tornare nuovamente liberi. Anche in ragione di ciò, appare doveroso denunciare che il certificato sia obbligatorio soltanto nella nostra nazione. Non esiste infatti, all’interno dell’Unione Europea, alcun governo che abbia deciso di permettere quasi ogni attività sociale solo mediante l’esibizione dell’ormai noto lasciapassare. Anzi, la stessa Francia (utilizzata come esempio per introdurre il pass) ne ha limitato l’uso solo ad alcune categorie.

Leggi anche: Senza green pass non si lavora: Italia unica in tutta la Ue

Inoltre, la scelta del nostro esecutivo rappresenta ancor più un rischio sociale, poiché lascia trasparire un assoluto disinteresse verso le libertà dei cittadini. Deriva ideologica e politica che andrebbe combattuta con ogni mezzo, piuttosto che avallata dal mainstream e da numerosi partiti. Esprimere dissenso riguardo la necessità effettiva del green pass comporta doversi sorbire attacchi e critiche continue. Il dibattito politico e popolare che distinguerebbe una democrazia dalle altre forme di governo appare limitato e quasi superfluo. Una ulteriore peculiarità strettamente italiana. Infatti, mai come questa volta, chi ci governa farebbe bene a prendere spunto da molte nazioni estere facenti parte dell’Unione, non imponendo alcun certificato per riprendere la vita sociale.

Tommaso Alessandro De Filippo

Garanti del liberticidio: così alcuni media “a destra” fanno da grancassa al green pass


Tommaso Alessandro De Filippo
24/10/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 24 ott — Si è spesso dibattuto sull’importanza dei mass-media e sulla loro capacità di coinvolgere il proprio pubblico per instradarlo vero la condivisione di determinate visioni. Più volte abbiamo affrontato il tema su queste colonne, consapevoli che un indirizzo mediatico possa ritenersi efficace se avallato da un fronte comune, figlio di visioni simili. Soprattutto nell’epoca pandemica si è ottenuta ulteriore dimostrazione di quanto appena espresso, dato che la strategia mediatica del governo precedente e dell’attuale è servita alle strategie di condizionamento. Da qui sorge la denuncia delle divisioni che, anche in ambito editoriale e giornalistico, contornano la sfera ideologica della “destra” genericamente intesa. Comportando spesso e volentieri smarrimento e perplessità tra i lettori.

I media conservatori esteri contro il green pass

In primis, possiamo osservare la linea di quasi tutti i quotidiani globali del mondo conservatore, indipendentemente dalle sensibilità interne ad essi, sulle modalità di approccio e lotta alla pandemia. Il Wall Street Journal, il Telegraph e il Times, ad esempio, hanno sin dal principio invitato ad aderire alla campagna vaccinale. Restando però, allo stesso tempo, assolutamente contrari a restrizioni e strumenti come il green pass e l’obbligo vaccinale. Un approccio crediamo efficace ed invero anche condivisibile e che permette di tutelare salute e libertà personali.

In Italia, invece…

Un approccio, quest’ultimo, che non ha invece trovato particolari sponde in Italia. Con la più che lodevole eccezione de La Verità, Il Giornale e Libero hanno incomprensibilmente scelto di ergersi quali garanti del green pass obbligatorio e dei lockdown. Linee editoriali che sono state punite in edicola, dove si è assistito ad un ulteriore calo di lettori. Anche in ragione di ciò, appare utile ribadire che un vero fronte incentrato sulla libera scelta dei cittadini dovrebbe essere quanto più ampio possibile. Sfruttando l’occasione per rilanciare l’ennesimo appello volto al ritrovo di unità e compattezza che possa costruire una seria alternativa — anche in chiave editoriale — al pensiero unico.

Tommaso Alessandro De Filippo

Restrizioni e contraddizioni: i ritardi sulla terza dose smascherano il green pass


Tommaso Alessandro De Filippo
20/11/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 20 nov – Abbiamo spesso contestato lo strumento del green pass e le modalità d’utilizzo di esso, convinti di dover tutelare le libertà personali degli italiani e dell’inefficacia di mezzi simili. A numerosi osservatori è apparso infatti chiaro, sin dal principio di nascita del certificato, che non vi fossero motivazioni strettamente sanitarie dietro alla creazione. Pertanto, è doveroso denunciare come il governo si sia reso fautore di una consistente limitazione delle libertà dei propri cittadini. Oltre che responsabile di un ingente danno economico.

In occasione dell’inizio della campagna vaccinale con la terza dose stiamo assistendo ad ulteriore dimostrazione di quanto espresso nei mesi scorsi. In primis, la scadenza d’efficacia del siero stesso intorno ai 6 mesi dall’inoculazione annulla di fatto le ragioni della durata annuale del certificato. Inoltre, la possibile scelta di ridurne la tempistica di validità da 12 a 9 mesi rappresenta l’inesistenza di motivazioni scientifiche che ne giustifichino la permanenza in società.

Terza dose e green pass: ennesima prova d’inaffidabilità di governo e Cts

Siamo dinanzi alla necessità di denunciare nuovamente le contraddizioni dell’esecutivo nella lotta all’emergenza sanitaria. Appare assurdo il preannuncio di possibili nuove limitazioni con la somministrazione della terza dose in notevole ritardo. Numerosi cittadini che hanno ricevuto il vaccino da più di 6 mesi sono ancora scoperti della nuova copertura sierologica. Insomma, senza terza dose ma con green pass valido.

Tale scenario dimostra l’assurdità delle scelte dell’esecutivo e l’inattendibilità del Comitato tecnico scientifico. Infatti, è probabile che nelle prossime settimane sia impedito l’accesso ai luoghi pubblici ad un non vaccinato, anche se negativo al tampone, mentre verrà concesso a chi possiede il certificato, pur non essendosi potuto nuovamente vaccinare. Sarebbe dunque quantomeno necessario l’annullamento delle limitazioni vigenti e del green pass stesso, con il ritorno immediato al rispetto della libertà di scelta degli italiani.

Tommaso Alessandro De Filippo