-Francesco Subiaco
Luigi Einaudi è stato uno dei più importanti protagonisti del dibattito politico ed economico italiano. Un pensatore capace di coniugare libertà e responsabilità, iniziativa privata ed armonia della gestione pubblica. Una concezione della politica e della società che fanno di Einaudi un alfiere della libertà, un paladino di una visione politica oggi dimenticata che alla demagogia dell’antipolitica, improvvisata e pauperistica, ha opposto l’idea di una militanza che non può essere avulsa dalla competenza, dalla conoscenza, riassunta nello splendido motto: “conoscere per deliberare”. Fustigando i peccati della nostra malapolitica attraverso le sue “Prediche inutili”, sognando l’Europa unita e libera in un momento in cui essa era divisa e oppressa dall’egida sovietica. Einaudi, presidente della Repubblica tra i più lungimiranti e competenti, prestò come sottolineò Giovanni Leone, la sua estrema competenza e conoscenza alla Repubblica Italiana, lasciando con il suo mandato un esempio e una professionalità che ne fanno uno dei maggiori capi di stato italiani. Ma il pensiero einaudiano non è un cimelio bello e perduto nella storia delle idee, ma è una concezione della vita che si fonda sulla libertà, sul senso delle istituzioni, sulla difesa dell’individuo contro le prevaricazioni del potere. Istanze garantiste e liberali che sono state raccolte dalla Fondazione Luigi Einaudi che si sta impegnando per diffonderne il pensiero e le idee. Per parlare dell’attività svolta dalla FE abbiamo intervistato il presidente Giuseppe Benedetto, che attraverso il suo percorso politico-culturale e le sue attività in ambito intellettuale, si prodiga per la diffusione dei valori liberali, garantisti ed europeisti. Abbiamo incontrato il presidente Benedetto, che si rispecchia in quella tradizione che va da Einaudi a Malagodi, da Bozzi a Mill, per parlare di temi etici e politici e per capire l’attualità di quelle fondamentali prediche inutili di cui abbiamo ancora bisogno.
Quanto è attuale il pensiero Einaudi, europeista e liberale, in questo periodo di disgregazione e conformismo? E perché?
Il pensiero di Luigi Einaudi è straordinariamente attuale. Le sue riflessioni di acuto economista e intransigente difensore delle Istituzioni illuminano il panorama politico italiano ed europeo e sono la guida dell’attività della Fondazione che prende il suo nome. Tra i molteplici profili di attualità credo che due siano cruciali: la sua radicata fiducia nel processo di integrazione europea e l’attenzione ad una prudente gestione delle risorse pubbliche. Abbiamo vissuto negli ultimi anni e continuiamo ad assistere a movimenti sovranisti, dichiaratamente antieuropei e contrari ai valori dell’integrazione. La pandemia ha però mostrato tutti i limiti dell’isolazionismo e l’Unione Europea ha saputo essere presente davanti alla storia. Mi auguro che il sovranismo prima imperante sia oggi sempre più declinante, anche grazie alla presenza di Mario Draghi. Con riferimento al secondo grande insegnamento di Einaudi, avverto oggi un pericolo: la noncuranza del debito pubblico. Il PNRR rappresenta un momento storico e tutti gli Stati occidentali hanno aumentato la spesa pubblica. Tuttavia, prima o poi si presenterà il conto e solo se gli investimenti saranno stati fruttiferi l’Italia avrà una situazione economico-finanziaria stabile.
Che opinione ha delle campagne referendarie sulla giustizia e sull’eutanasia?
Condivido i quesiti referendari sulla giustizia e li voterò, però non gli si attribuisca eccessiva rilevanza. Molti dei temi affrontati, quali separazione delle carriere, riforma del CSM e valutazione dei magistrati andrebbero affrontati con riforme costituzionali. Abbiamo assistito negli anni ad una pluralità di interventi che non hanno fatto altro che moltiplicare il numero delle leggi ed anche la loro oscurità. Vi sono squilibri significativi nella relazione tra poteri dello Stato che devono essere affrontati a livello costituzionale, con coerenza e sistematicità. La Fondazione Einaudi ha proposto l’istituzione di una Assemblea Costituente, eletta direttamente dai cittadini, che riformi la II parte della Costituzione, così da modificare in modo organico il nostro sistema costituzionale.
Il referendum sull’eutanasia dimostra l’incapacità del Legislatore di affrontare importanti temi etici. L’introduzione del suicidio assistito è avvenuta grazie alla Corte costituzionale e ora intervengono i cittadini. Sono aperto a discutere di eutanasia, perché il corpo dell’individuo non è al servizio di nessuno. Però si presti attenzione, perché l’abolizione dell’omicidio del consenziente apre una voragine. A quali condizioni si potrà richiedere l’eutanasia? Una persona che soffre di depressione ha diritto a che un medico la aiuti a morire? Come viene disciplinata l’obiezione di coscienza? Un’eutanasia accessibile sempre sarebbe in contrasto con i moniti della Corte costituzionale dati nel caso Cappato. La Consulta ha ricordato che non sussiste un obbligo generalizzato nell’aiutare qualcuno a morire. Io sono in linea con quella posizione.
Di fronte alla crisi dei movimenti di protesta, e la crisi delle principali coalizioni, vede possibile la nascita di un movimento capace di diventare la grande casa dei liberali italiani?
La nascita di un partito politico autenticamente liberale è quanto auspico fin dalla dissoluzione del Partito Liberale Italiano. In una fase storica in cui i popolari decidono di accodarsi ai sovranisti e i socialisti ai populisti sicuramente si apre un importante spazio politico al centro. Però il vero tema è: quale centro? Un centro con tutti dentro, pseudo liberali, democristiani, ex popolari ed ex socialisti non è quello di cui il Paese ha bisogno. È necessaria una casa autenticamente liberale, che si rifaccia ai valori di ALDE e del gruppo al parlamento europeo Renew Europe. Poste queste condizioni, si intraprenda la strada dell’inclusione. I partiti costruiti sulla persona sono destinati al fallimento, se non sono sorretti da una radicata ideologia. È giunto il momento che nasca un partito fondato sui principi liberali, quelli di Einaudi, Croce e Malagodi.
Dal RDC alla prescrizione, questa legislatura, complice il caos pandemico, ha segnato una terribile regressione delle libertà nel nostro paese a vantaggio di una ingerenza statale sempre più pressante. Quali riforme potrebbero segnare il passaggio verso una “rivoluzione liberale” nel nostro paese?
Molteplici riforme sono necessarie per ripristinare la libertà, in campo economico e sociale. Non vi è però alcun dubbio che la più grave crisi che il Paese stia affrontando riguardi l’ordine giudiziario. Il CSM da organo di governo autonomo della magistratura è divenuto organo politico ed autoreferenziale. Il vulnus che ne deriva è all’indipendenza del giudice, che la Costituzione definisce terzo ed imparziale, soggiogato dalla cultura d’accusa della Procure. È per questo che la prima riforma sulla giustizia, prioritaria a tutte le altre, deve essere la separazione delle carriere. Come ho già accennato, il referendum promosso dai Radicali e dalla Lega tenta di disciplinare la materia, ma non è sufficiente. Il vero problema non è il passaggio dalla carriera requirente a quella giudicante, ma la presenza di un unico CSM col potere di decidere sui progressi di carriera e sulle sanzioni disciplinari. A nulla varrebbe impedire i passaggi da un lato all’altro se la cultura d’accusa continuasse a governare l’ordine giudiziario. Il danno che ne deriva non è agli avvocati, ma ai cittadini, imputati di fronte ad un giudice non pienamente terzo ed imparziale rispetto a colui che esercita le funzioni di Pubblico Ministero. Ad essere in pericolo è l’habeas corpus, la madre di tutte le libertà.
Come giudica la gestione securitaria della pandemia in questo periodo da parte del governo, vedendo i provvedimenti e le metodologie utilizzate da paesi come Israele, UK e Spagna?
Il Governo Draghi rappresenta una rivoluzione copernicana rispetto al Governo Conte. L’incertezza e la stravaganza delle primule di Arcuri è stata sostituita dall’autorevolezza e l’efficienza della campagna vaccinale di Figliulo. Oggi grazie ai vaccini i cittadini possono esercitare le proprie libertà, che lo Stato deve limitarsi a riconoscere. Non le concede, né le attribuisce, come disse l’attuale leader del Movimento 5 Stelle.
Il dibattito sul green pass non mi appassiona. Il Governo deve agire al fine di ridurre al minimo le limitazioni delle libertà fondamentali, che si giustificano nella stretta misura in cui la pandemia rappresenta un’emergenza. Posto questo principio, è evidente che il green pass non possa durare in eterno. In ogni democrazia liberale si deve accettare che una frazione dei cittadini, seppur minima, non aderisca alle decisioni delle Istituzioni. È dunque opportuno che il Governo programmi una data di scadenza del green pass che coincida col terminare dello stato di emergenza relativo alla pandemia. Susciterebbe perplessità la proroga dello stato di emergenza oltre il 31 marzo 2022, se la situazione pandemica dovesse rimanere quella attuale.
La fondazione Einaudi promuove da anni studi, approfondimenti per la diffusione del pensiero liberale. Può consigliarci tre testi per uscire dalla cappa del presente?
Le “Prediche inutili” di Luigi Einaudi, come qualunque altro testo da lui scritto. Quelli non possono mai mancare. “Sulla libertà” di John Stuart Mill, caposaldo del pensiero liberale. Infine, un romanzo: “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij.
Quali sono i riferimenti culturali del presidente Giuseppe Benedetto?
Il mio riferimento culturale non può che essere il Partito Liberale Italiano, unico partito autenticamente liberale nella storia italiana. Come dico a mia moglie, sono vedovo del partito. Uomini straordinari, ancor prima che grandi politici, come Giovanni Malagodi e Aldo Bozzi, hanno ispirato la mia attività politica. Attività politica, fatta non nel palazzo, ma tra i cittadini per diffondere il pensiero liberale.