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La partita degli imprevedibili: chi viene eletto al Colle spesso appare all’ultimo miglio

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



La partita politica dell’elezione del capo dello Stato sta ormai occupando quasi totalmente lo spazio mediatico nazionale, insieme all’onnipresente emergenza pandemica. Retroscena, anticipazioni ed ipotesi non potranno che incrementarsi fino alla votazione decisiva, dati gli equilibri istituzionali e partitici in bilico, con in palio un peso politico da conquistare ben superiore alla scelta della mera figura che sarà eletta al Colle.

La partita degli imprevedibili per il Colle

Tuttavia, quel che in questa occasione appare tenuto meno in considerazione rispetto alle elezioni del presidente della Repubblica passate sembrerebbe essere il ruolo che l’imprevedibilità gioca nella partita. Infatti, storicamente l’inquilino del Quirinale che viene poi eletto difficilmente è considerato come accreditabile dalla maggioranza dell’opinione pubblica. Ultima dimostrazione cronologica di quanto affermato avvenne proprio con la salita al Colle di Sergio Mattarella: fino a pochi giorni prima del voto decisivo in pochi avevano previsto per lui la possibilità di spuntarla. Un’abitudine figlia della Prima Repubblica mantenutasi attuale nel nostro ambito istituzionale. Ragion per cui i tanto acclamati ed auspicati come futuri capi dello Stato finiscono quasi sempre per essere scaraventati in un vortice di incompatibilità con il “colpo di scena” richiesto.

Nomi bruciati, unica eccezione: Mario Draghi

Bluff, esposizioni pubbliche dettate dall’interesse dei “finti alleati” volti proprio a rendere non perseguibile la candidatura di una determinata figura sono quel che rischia di avvenire anche in questa occasione. Unica eccezione potrebbe rappresentarla Mario Draghi, volto di eccessivo peso istituzionale per essere bruciato da parlamentari che vedono nella tutela della sua credibilità la possibilità di allungare la propria permanenza alle Camere.

Il centrodestra ha il dovere di pesare nella scelta del capo dello Stato

Pertanto, appare doveroso osservare la tattica che il centrodestra sembrerebbe aver messo in campo. Puntare su Silvio Berlusconi, per preservare l’unità dell’alleanza, consapevole della quasi impossibilità di ottenerne l’elezione. Anche in ragione di ciò, dal quarto scrutinio potrebbe rivelarsi più chiaro il piano dei tre leader della coalizione, che hanno il dovere di esercitare un peso nella scelta del capo dello Stato, data la possibilità di giovarsi di numeri che sino ad oggi erano stati assenti in ogni elezione presidenziale. Difficile immaginare il nome dell’asso nella manica su cui il centrodestra potrebbe scommettere giunto alla resa dei conti.

Tremonti la figura più valida

Volendo provocare auspicheremmo la candidatura di Giulio Tremonti, probabilmente la figura maggiormente valida per ricoprire la più alta carica dello Stato. Personaggio di equilibrio e peso geopolitico individuale, con esperienza istituzionale e competenza innegabile. Anche se da ritenere quasi impossibile date le divergenze avute in passato con esponenti della coalizione e le apprensioni di Ue ed establishment europeista che proverebbero in ogni modo ad impedirne l’approdo al Quirinale.

Tommaso Alessandro De Filippo

Il nuovo inquilino del Quirinale: l’eterno ritorno della prima Repubblica

Ripreso da “Il Primato Nazionale” – 5/09/2021



Siamo ormai prossimi all’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. Evento che sta ovviamente ampliando i dibattiti e le discussioni tra i partiti in ambito parlamentare. Le divergenze appaiono in continuo aumento e la matematica impone la necessità di trovare un compromesso politico.

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Nessuna coalizione possiede i numeri necessari per eleggere autonomamente al Colle il profilo da essa designato. Una problematica che, connessa alla necessità del centrosinistra di rinviare ulteriormente le elezioni politiche, potrebbe estromettere la figura di Mario Draghi dalla lista dei papabili. E’ infatti risaputo che, con l’elezione di Mr. Bce al Colle, sarebbe difficile trovare una nuova figura adatta a governare una maggioranza così variegata e si tornerebbe alle urne.

Al Quirinale un (altro) Presidente della prima Repubblica?

Da settimane iniziano tuttavia a trapelare i nomi che potrebbero rivelarsi espressione delle coalizioni o comunque frutto di un punto d’incontro tra forze politiche differenti. La costante che pare accomunarli tutti è pero soltanto una: la provenienza politica di essi dall’ambito della Prima Repubblica. Quasi impossibile immaginare che un politico formatosi dopo il 1992 possa salire al Quirinale. Anche in ragione di ciò, appare utile analizzare le motivazioni riguardanti quella che sembra presentarsi come una “necessità”.

In primis, studiando l’epoca primo-repubblicana emerge chiara una qualità ed una competenza politica ed amministrativa ad oggi spesso assente. Ciò aveva comportato la garanzia di avere delle figure esperte e competenti nei ruoli chiavi del governo e del Parlamento, nella maggior parte dei casi. Con il post-Tangentopoli (che era e resta un colpo di stato compiuto ai danni della politica) si sarebbe dovuto provvedere al mantenimento delle “scuole di partito”. Contesti meritocratici ed assidui dove la futura classe dirigente, piaccia o meno, era formata e preparata in maniera consona prima di assumere qualsiasi incarico.

Il cambio comunicativo e le innovazioni dovute e necessarie nel confronto tra politico e cittadino non sono andate sempre di pari passo con la formazione adeguata. Inoltre, della Prima Repubblica pare esser rimasto solo il lato peggiore, quello del mantenimento dello status quo. Dell’interesse a non esporsi, a non rischiare nessun passo falso senza la garanzia di ottenere un trionfo politico. Modalità note che si ripresenteranno, ne siamo certi, anche nella partita politica del Quirinale. Con l’aggiunta dell’impossibilità di affidarsi ad un Craxi o ad un Andreotti quando il mare è in tempesta.

Tommaso Alessandro De Filippo

SEN. DARIO DAMIANI : “LA RIPARTENZA PASSA PER MENO TASSE E LIBERTÀ D’IMPRESA”

Abbiamo intervistato il Sen. Dario Damiani, esponente parlamentare di Forza Italia, impegnato nella difesa di territori e comunità, in cui vede ancora oggi la strada per la rinascita nazionale. La necessità di ottenere un netto taglio delle tasse, maggiore libertà d’impresa e la partita politica del Quirinale sono state le principali tematiche trattate durante il dialogo con lui.

Ritiene che il prolungamento dello stato d’emergenza fino al 31 marzo sia uno strumento utile per contrastare la problematica sanitaria?

È evidente che tutti noi vorremmo lasciarci prima possibile alle spalle questa situazione che ci obbliga a ricorrere a strumenti straordinari come lo stato di emergenza, ma purtroppo anche le incognite legate alla variante Omicron, altamente contagiosa, per il momento ci costringono a tenere molto alta la guardia, per non perdere gli eccellenti risultati raggiunti finora dal nostro Paese nella lotta al virus grazie a una campagna vaccinale considerata un modello nel mondo.

In che modo prospetta la partita politica dell’elezione del Capo dello Stato?

Finalmente stavolta il centrodestra, a differenza delle precedenti elezioni, ha i numeri in Parlamento per poter dare la sua indicazione di rilievo nella partita per il Quirinale. Sono certo che sapremo aggregare intorno alla nostra proposta anche altri importanti apporti.

Di che misure economiche e sociali avrebbe bisogno l’Italia, al fine di ottenere una piena ripartenza?

Le misure per la ripartenza sono quelle che Forza Italia propone fin dall’inizio di questa drammatica crisi sanitaria ed economica. Rivendichiamo, infatti, la nostra coerenza nelle proposte, le stesse sia dall’opposizione che adesso in maggioranza. Tra queste, in primis il taglio delle tasse, e finalmente dopo quasi 50 anni abbiamo ottenuto la revisione delle aliquote IRPEF. La strada maestra per la ripresa è liberare risorse che diano a famiglie e imprese maggiori opportunità di spesa e investimenti.

Sarebbe favorevole ad una maggiore unità delle tre forze di centrodestra, nell’ottica della creazione futura di un partito unico?

Il centrodestra è nato 27 anni fa grazie alla straordinaria intuizione e lungimiranza politica del nostro Presidente Silvio Berlusconi, per cui sono favorevole ad una ulteriore modalità di unità, anche nella prospettiva di un partito unico, magari attraverso lo step intermedio della federazione.

In che modo sarebbe per lei possibile avvicinare le nuove generazioni alla politica?

La mia generazione è stata purtroppo l’ultima a formarsi politicamente nelle sedi di partito, attraverso il confronto diretto fra opinioni ed esperienze. Oggi questo non accade quasi più e negli ultimi anni anzi è passata addirittura l’idea che si possa fare politica senza un’adeguata formazione. Al contrario, invece, ritengo che competenze specifiche e formazione “sul campo”, sui territori, siano indispensabili. Con l’avvento del web, dei social, tutto il mondo della comunicazione, compresa quella politica, è cambiato. Si tratta di strumenti che possono rappresentare un’opportunità, un canale per intercettare l’interesse dei giovani e avvicinarli alla politica.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Mi auguro di continuare a occuparmi di politica in ambito nazionale, come ho l’onore di fare da quasi quattro anni, mantenendo sempre ben saldo il rapporto con il mio territorio a beneficio della crescita e dello sviluppo delle nostre comunità.