– Francesco Subiaco
La crisi ucraina di questi giorni sta associando alla pesantissima tragedia umanitaria del confine orientale una situazione di crisi economica per i paesi europei già colpiti dal post covid. Nello specifico con i suoi oltre 400 provvedimenti contro la Russia, rispetto ai duecento scarsi degli stati Uniti e dei paesi europei, il nostro paese rischia di perdere circa 11 miliardi, tra le difficoltà dell’Ucraina invasa dalla Russia, sia con le barriere rispetto al mercato russo. Difficoltà che non possono non fare riflettere sulle difficoltà del nostro paese per quanto concerne l’autosufficienza energetica e la necessità di una cooperazione europea che purtroppo non sta accadendo. Per parlare della condizione del mercato italiano abbiamo intervistato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, con cui abbiamo parlato delle conseguenze economiche della guerra sull’economia italiana.
Presidente Prandini quali conseguenze sta avendo la crisi ucraina sulla nostra economia?
Purtroppo le conseguenze sono particolarmente rilevanti inerenti a tutto ciò che riguarda sia le forniture di carattere energetico, essendo il nostro paese assolutamente non autosufficienti ed importatore netto sul piano dell’energia, sia sulla capacità produttiva, tramite l’aumento dei costi esponenziali di questi giorni, basti pensare che noi abbiamo avuto un aumento superiore del 100% dell’energia elettrica che si sommerà ad un futuro aumento di circa il 180% del costo dei fertilizzanti che impatterà sul settore agricolo. È chiaro che queste conseguenze ci mettono di fronte a delle necessarie riflessioni su quello che dovrà fare il nostro paese sfruttando al meglio le risorse del PNRR. Per anni abbiamo pensato che la globalizzazione, per come ci era stata raccontata, fosse un valore aggiunto, oggi scopriamo che le delocalizzazioni e che le produzioni che non sonostate effettuate al nostro interno diventano un elemento che mette in difficoltà la nostra capacità competitiva rispetto ad altri paesi che sotto questo punto di vista hanno avuto la lungimiranza di aver puntato a forme di maggiore autosufficienza sia per quello che riguarda la filiera energetica sia sull’ambito cerealiaco. Non è vero che l’Italia non possa raggiungere gli altri paesi, ma deve fare gli investimenti giusti per colmare le proprie difficoltà.
Cosa ne pensa delle difficoltà prodotta dall’interdipendenza con le altre superpotenze, è necessario investire sulla autosufficienza del sistema paese oppure come hanno sottolineato altri analisti essa è una forma di protezionismo?
L’autosufficienza non è una forma di protezionismo, ma è soprattutto un modo per assecondare le necessità e i bisogni dei settori produttivi e i cittadini. Se oggi noi fossimo più autosufficienti sul piano energetico non saremmo colpiti, come invece siamo, dai maggiori costi dell’energia che stanno subendo i cittadini in questi giorni. Una maggiore dipendenza dall’estero ci mette in condizione che i prezzi li fanno gli altri e noi ne paghiamo le conseguenze.
Come commenta le prese di posizione dell’Ungheria sul blocco delle esportazioni?
Le scelte del governo ungherese per quanto concerne il blocco delle esportazioni soprattutto per quanto riguarda il mais, è che verranno principalmente penalizzato in termini di disponibilità gli stati membri. Per l’Italia nello specifico sarà un danno il blocco delle esportazioni del mais, in quanto il nostro paese è quello che si approvvigionava maggiormente con Budapest sul mercato cerealiaco, ed il fatto che non vengano rispettati contratti già stipulati è una cosa gravissima e che dovrebbe interessare le istituzioni europee.
Cosa ne pensa dell’atteggiamento diseguale che stanno attuando i vari paesi europei sui provvedimenti sulla questione ucraina?
Pensi che sia l’ennesima occasione persa da parte dell’Europa di fare delle politiche omogenee tra gli stati membri. Soprattutto di fronte ad una tragedia umana come è una guerra è impensabile che di fronte alle criticità che hanno colpito i cittadini dopo le difficoltà pandemiche, che non sono ancora trascorse, è necessario più che mai parlare oggi di debito pubblico europeo, di strategie comuni, di provvedimenti comuni ed equiparabili da parte degli stati membri che non dovrebbero creare delle problematiche di prospettiva futura nei confronti del nostro paese, ma sarebbe necessario una visione d’insieme per gli stati membri.