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La sinistra che vuol piacere alla destra: tutte le ambiguità di Carlo Calenda

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Carlo Calenda è senza dubbio una delle figure su cui l’opinione pubblica maggiormente discute e si divide, tra estimatori del personaggio e chi invece non perde l’opportunità per criticarlo. Pertanto, è interessante proporne analisi politica ed immaginare gli scenari futuri su cui l’ex ministro potrebbe finire per svolgere, positivamente o meno, un ruolo da protagonista.

In primis, è necessario conoscere la formazione di Calenda. Cresciuto in ambito lavorativo come dirigente tra Ferrari, Sky e Confindustria, approda successivamente in politica. In quest’ultimo ambito ha fino ad oggi ricoperto come principale carica quella di Ministro dello Sviluppo Economico nei governi Renzi e Gentiloni. Del suo lavoro al dicastero resta soprattutto la negativa gestione della crisi Ilva. Telenovela che produsse problematiche notevoli sul piano lavorativo per i dipendenti, oltre che poca chiarezza sul futuro del siderurgico. Inoltre, le divergenze con Renzi produssero tensione ripercossasi anche sulla sua carriera politica, dato che ai tempi il senatore fiorentino esercitava notevole potere tra i dem.

In seguito all’avvento del Conte bis Calenda coglie l’opportunità per lasciare il decadente Pd e fondare Azione, sua attuale forza politica. E’ proprio essa a far discutere maggiormente, data la gestione comunicativa e partitica che il manager romano ha saputo inventare. Senza dubbio l’impostazione liberal-democratica ha creato una distanza utile dalla sinistra estremizzata e faziosa di Letta e Speranza. Inoltre, la totale disistima dichiarata per i 5 Stelle differenzia il leader del partito dai vertici del Nazareno, sempre più obnubilati dinanzi ai grillini.

Una serie di mosse che hanno prodotto maggiore simpatia da parte degli elettori traditi dal Pd ed anche da fazioni del centrodestra.  Appare per molti apprezzabile la riproposizione della sinistra alternativa, fuori dagli schemi ed inclusiva di Calenda e dei “riformisti”. Pronta a dialogare anche con gli avversari di un tempo ed a stringere in futuro alleanze fino ad oggi impensabili. Una ventata di rivoluzione e discontinuità rispetto alla faziosità che è il marchio costante della sua area politica.

Calenda figlio del “ce lo chiede l’Europa”

Tuttavia, è necessario chiedersi se ciò sia reale e veritiero, oppure se si tratti di un semplice bluff. La sensazione è che sui progressi politici che contano l’ex ministro sia ancora discontinuo e latitante. Se la critica a Pd e 5 Stelle è sacrosanta ed apprezzabile, su Ddl Zaz ed UE prese di posizioni nette non ve ne sono state affatto. Anzi, l’insistenza eurolirica è davvero poco differente rispetto a quella delle forze politiche di sinistra maggiormente avversate. Sulla legge Zan un cambio di passo sarebbe stato dovuto. Invece, la necessità di difendere libertà di espressione e posizioni politiche differenti dal pensiero unico non è parsa importante, dati i toni trionfalistici e liberal espressi dall’eurodeputato.

Proprio qui che si colloca il centro della discussione. Sul modello di mondo e società a cui Calenda è legato e da cui non intende slacciarsi. Chiave dei suoi rapporti politici nazionali ed esteri la vicinanza al mondo eco-liberal, creatore di figure come Greta. Calenda non è figlio dell’idea di un’Europa delle Patrie ma del “ce lo chiede l’Europa”, è fermo sostenitore dell’austerità Ue e non della sovranità degli stati nazionali. Promotore di un ambientalismo dannoso, contrario alla difesa di radici culturali e valoriali che oggi vedono come prima necessità la lotta tra le altre cose all’immigrazione forzata. Battaglie politiche e sociali che Calenda, da fermo e storico difensore dell’invasione incontrollata, avrebbe difficoltà a combattere. Ulteriore motivo per osservare il suo operato con curiosità ma senza aspettative. Consci che una visione del mondo non si stravolga con un attacco a Virginia Raggi ed un post social.

Quei tre centristi che vorrebbero rifarsi al riformismo (senza successo)


Tommaso Alessandro De Filippo
26/09/2021 – Il Primato Nazionale


Roma, 26 set – Abbiamo assistito nel corso degli anni alla creazione di una nuova alleanza situata al centro del panorama politico nazionale, composta dalla triade Italia Viva, +Europa ed Azione. Formazioni compatibili per programmi e visioni della società, principalmente incentrate sulla vicinanza alle idee dell’Unione Europea ed all’ambientalismo ideologizzato. Tuttavia, è usuale ascoltare le dichiarazioni di esponenti delle tre forze che presentano il proprio programma come vicino alle posizioni del “riformismo”.

I partiti centristi che si rifanno al riformismo

Definizione ampia e storica, il riformismo affonda le proprie radici nella Prima Repubblica e si presenta alternativa allo status quo che dal dopoguerra ha contraddistinto il nostro scenario istituzionale. Appare utile analizzare le principali proposte del trittico centrista in questione, al fine di comprendere se tale definizione possa essere con esse realmente compatibile.

In primis, sono da osservare le considerazioni in merito all’Ue, che raccontano una vicinanza alle linee rigorose dell’austerità e del vincolo esterno che Bruxelles esercita. Inoltre, anche le proposte in materia di ambientalismo non presentano quasi nessuna differenza dalle ambizioni mainstream, distanti dalle logiche imprenditoriali e dalla difesa del lavoro. Pertanto, queste appaiono le prime tematiche principali in cui una forza politica riformista dovrebbe richiedere maggiori modifiche ed incentrare delle lotte.

Argomento su cui appaiono condivisibili le ragioni espresse dalla coalizione è quello della giustizia. In tale ambito ognuno dei tre partiti non stenta a definirsi garantista ed a proporre una riforma degna di questo nome. Iniziative meritevoli ed apprezzabili, che però subiscono perdita di valore se presentate da chi ha votato in Parlamento per consentire il processo a Matteo Salvini. Scelta che resterà negli annali come macchia della Repubblica Italiana e che segnerà un precedente piuttosto negativo per la nostra democrazia.

Ecco perché Italia viva, Azione e +Europa non sono veramente riformisti

Anche in ragione di ciò, la valutazione complessiva sull’effettivo riformismo di Italia Viva, Azione e +Europa non è ad oggi positiva. Pesa la mancanza di reali proposte di cambiamento e stravolgimento istituzionale, che possano apportare dei benefici nel tessuto popolare. Assenze che, se non colmate nel prossimo futuro, renderanno la coalizione sempre più debole e priva di forza politica. Anche in virtù del taglio dei parlamentari che ha reso esiguo lo spazio per ogni forza di centro, con il momento di scegliere in quale dei due schieramenti maggioritari confluire che appare sempre più vicino.

Tommaso Alessandro De Filippo