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NÉ LIBERISTI, NÈ SOCIALISTI: REPUBBLICANI. ARCANGELO GHISLERI E L’ECONOMIA VISTA DA UN MAZZINIANO

– Francesco Subiaco

L’agire umano non ha simpatia per l’ordine fisso. Cercare di racchiudere in schemi, protocolli, algoritmi il complesso groviglio di bisogni e desideri umani è uno sforzo interessante, ma vano. Ne parla bene Simon affermando l’insufficienza di ogni visione dogmatica, geometrica, per lo studio delle scienze sociali, dato che gli uomini possono avere certamente intenzioni razionali, ma non possono compiere azioni razionali. Il dramma dell’economia contemporanea si riassume in questa difficoltà, quella di avere un metodo assoluto per situazioni contingenti. Tale affermazione vale per tutte le scienze sociali, l’economia soprattutto. L’economia non è , da Petty a Caffè, passando per La Malfa e Keynes, una scienza naturale, essa muta col cambiare dei bisogni umani, dei compimenti delle sorti “magnifiche e progressive” della Storia. Non è un caso che di fronte ai cambiamenti della società veterocapitalista americana, i dogmatismi del sinedrio liberista del GOP, non siano riusciti a salvare gli States dalla Grande Depressione. Una visione antidogmatica è la cifra dell’attualità del pensiero economico di Arcangelo Ghisleri, tra i fondatori del Partito Repubblicano Italiano. Ghisleri, mazziniano, positivista e massone, è uno dei grandi ideologi della Questione economica del PRI. Visione che il pensatore repubblicano scandisce negli scritti ed articoli che compongono: “La questione economica e il Partito Repubblicano”(Bonanno), curata da Mauro Cascio, con prefazione di Corrado De Rinaldis Saponaro.

Il testo è una raccolta di articoli in cui il pensatore repubblicano illustra ed espone le premesse e l’originalità del programma economico del Pri alle porte del novecento. Una visione antidogmatica, egualmente distante sia dal liberismo sia dal socialismo turatiano e massimalista. Il pensiero ghisleriano affonda le sue radici nelle visioni di Melchiorre Gioja, dei Romagnosi, dei Cattaneo, di Mazzini soprattutto. Perché il centro del progetto sociale dei Repubblicani è nel motto mazziniano di Libertà ed Associazione. L’associazione che diventa il mezzo, per la distribuzione della proprietà, per il progresso politico e morale dei ceti produttivi, che non può essere scissa dalla volontà di libertà, di affermazione del singolo, di autodeterminazione della persona. Attraverso un’idea della Libertas, che affonda nella comunità, nelle relazioni organiche e solidaristiche tra i cittadini, molto simile a quella libertà oltre il liberalismo, tipica dei movimenti democratici e del pensiero hegeliano. Nei suoi scritti Ghisleri prende le distanze dalle principali scuole politiche del tempo. Il socialismo marxista e marxiano è l’antitesi di una visione interclassista, capace di conciliare gli agenti economici, diventando una Chiesa di classe, che non dice nulla di nuovo rispetto alla visione sociologica dei vati del repubblicanesimo, ma al contrario la fraintende, la storpia, incasellandola in un materialismo spicciolo e monodimensionale, deterministico e impersonale, che non è altro che il rovescio inefficiente del capitalismo dei monopoli. Il liberismo di Smith non è di estrazione dissimile, sia per la sua incapacità di produrre una società frantumata e atomistica, sia per la sua idea di mercato dogmatica di libertà come estensione del dominio della lotta. A queste due scuole opposte, Ghisleri propone una visione popolare e democratica, partecipativa e solidaristica, che si basa sull’azione e la cooperazione delle classi, non sulla lotta o “l’anarchia consuetudinaria delle leggi del mercato”, mostrando che la questione sociale è la più importante per la democrazia e per lo sviluppo di una società veramente repubblicana. Una idea di progresso economico che risolvendo la questione sociale compie il processo democratico, mostrando la vocazione profondamente popolare di quel pensiero mazziniano che poi verrà organizzato da Giovanni Conti. Un pensiero che in questo periodo in cui le democrazie sono nella morsa tra il Big State cinese e l’anarchia delle Big Tech globaliste, segna quella terza via laica e popolare che tanto è necessaria ai popoli europei