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Spiritismo tecnico. Come le satrapie digitali hanno riscoperto la magia

Spiritismo tecnico. Come le satrapie digitali hanno riscoperto la magia

Di Francesco Subiaco



Magia, potere e alta tecnologia si sono sempre strettamente intrecciati sin dall’origine delle società umane. Stregoni, maghi, alchimisti e cartomanti hanno accompagnato per peso ed influenza scienziati, tecnici e studiosi in tutta la storia del potere. Dalle profezie del consigliere della corona John Dee ai rituali esoterici del regime nazista, dai bagni di misticismo e sciamanesimo del potere sovietico alle witchcraft e alle reti di medium ed astrologi che hanno accompagnato le sfide dell’anglosfera dagli anni 40 in poi, il potere non ha mai abbandonato la sua matrice oscura e rituale della sua origine. Anche il nostro secolo non sfugge a questo legame eterno. La magia, come la tecnologia, si esprime attraverso un linguaggio fatto di metafore ed allusioni, un linguaggio simbolico che come quello della scienza è inaccessibile ai più e incomprensibile ai non iniziati, confermando l’idea dello scrittore Arthur Clarke, che nella sua terza omonima legge diceva che “qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia“. Una visione magica, irrazionale ed alogica che sembrerebbe paradossale nel mondo del razionalismo e del trionfo di una visione scientista se questo binomio di un mondo dalla doppia anima quella superstiziosa, stregonesca e mistica e un altra razionale, tecnica, algoritmica non fosse in realtà soltanto un paradosso apparente. Da questa intuizione parte il saggio di Andrea Venanzoni, “Il trono oscuro”(Luiss Press) che compie non solo una controstoria del rapporto tra potere costituito e magia ed irrazionale, ma allo stesso tempo indaga le pieghe e le contraddizioni di un mondo digitale e virtuale che si nutre di occulto, di mistero, di sigilli. Il mondo del cosiddetto “elettrocene”, l’epoca in cui rotto il sigillo del materialismo l’umanità si riduce a informazione ed a mezzo di condivisione di informazioni, che è caratterizzato da una società dematerializzata dove il virtuale, l’intelligenza artificiale, i social e le nuove scoperte dell’informatica, pongono le fondamenta di una esistenza immersiva in cui reale e virtuali si fondono e in cui la dimensione simbolica, pubblicitaria o esoterica, prende il sopravvento sulla realtà fenomenica. La vita umana sradicata da ogni legame con un ordine terrestre, fatto di comunità, credenze e tradizioni, si rifugia nei paradisi artificiali offerti dalla tecnica, rintanandosi in una vita anestetizzata che fa dell’uomo un feticcio delle sue “conquiste”. La religione, il sacro e l’ideologia perdono peso nelle società modernizzate, ma ad un ordine terrestre che tramonta segue un nuovo ordine, aereiforme ed immateriale, che sorge con le sue ritualità ed i suoi culti, trovando fondamento in una nuova magia hi-tech che è la base di uno spiritismo tecnico, superstizioso ed alchemico, che fiorisce nel bel mezzo del nuovo Eden della civiltà del codice e degli algoritmi. Uno spiritismo che è la sublimazione di una esigenza spirituale che viene surrogata dalla tecnica e dalle sue promesse. Infatti “il paradosso però è davvero solo apparente- dice Venanzoni nel suo saggio- emerge una innegabile centralità della magia nelle maglie sociali del mondo moderno, e tecnologico in particolare: questo processo ha determinato il paradosso di cui sopra, quello di una, solo apparente, espunzione del magico dal campo di azione del moderno a opera della espansione delle logiche tecniche e di progresso, le quali hanno però introiettato nel loro ventre la dinamica costitutiva del magico stesso. Una sorta di cannibalizzazione psichica che prelude alla costruzione di una magia hi-tech. Questo perché all’aumentare della complessità dei processi costitutivi dei fattori tecnologici, della loro sempre più ardua comprensibilità, al rendersi opaco e fantasmatico del linguaggio dei saperi tecnici, corrisponde il necessitato strumento di riduzione della complessità: la magia diventa tool per soluzioni gordiane, per azzerare la difficoltà di risoluzione dei problemi e per far ottenere quanto si vuole, senza, in apparenza, passaggi intermedi”. In questa ottica gli strumenti della tecnica si caricano di significati profondi ed oscuri che resuscitano vecchi miti ancestrali, come il mito di Agartha, e paure archetipiche in una nuova sintesi in cui gli hacker, gli scienziati, i teorici del transumano diventano gli eredi delle funzioni che in passato furono dei maghi, dei corsari, dei santoni, come indagatori e conquistatori di nuove frontiere del possibile, delle possibilità di una altra parte ignota e virtuale. La rete diventa quindi non più solo uno strumento di comunicazione ma un grande subconscio collettivo in cui gli uomini proiettano i propri desideri, i propri sortilegi, facendosi il veicolo perfetto di un nuovo misticismo gnostico che non vuole più connettere l’uomo a dio, ma vuole trasformare l’uomo in una divinità superando i confini del corpo e della terrestrita in nome della singolarità. Un tecnognosticismo che è l’ideologia tacita del mondo della Sylicon Valley, come sottolinea Venanzoni nel suo saggio, poiché, non casualmente, molti dei titani dell’Hi-Tech portano dei marchi di fabbrica simili a sigilli magici: dalla Oracle alla Alphabet passando per la Palantir, moltissime società del digitale, le quali albergano in quella terra cava che è la valle del silicio, tra meditazione trascendentale, misticismo hindu, Zen, occultismo postmoderno con salde radici in California, retaggi della beat generation e della psichedelia, coltivano l’ambizione di plasmare una umanità nuova, che avrà come punto di partenza il superamento della condizione umana forgiata da una vocazione che fonde spiritismo e postumano, Fulcanelli e Neurolink. “Il punto però è che l’ambizione di questo tecnognosticismo della Silicon Valley non è quella di liberare l’individuo dalla sporcizia imperfetta del mondo, ma semplicemente ingenerare una via di fuga in un sottomondo la cui imperfezione rimarrà del tutto palese ed evidente” trasformando la vita in “una mera simulazione, di una sostituzione”.
Il mondo si trasforma in una piattaforma immersiva senza confini e senza legami, la rete diventa una cabala elettronica di collegamenti ipertestuali e iperstizionali, le fedi e i culti vengono sostituiti da religioni aziendali e dalla fidelizzazione ai brand, influencer come stregoni e demiurghi creano contenuti immateriali dal valore inenarrabile. Parafrasando quello che scrisse Frazer nel suo “Il ramo d’oro”: “Il selvaggio difficilmente concepisce la distinzione comunemente tracciata dai popoli civili tra il naturale e il soprannaturale/virtuale. Per lui, il mondo è in gran parte determinato da agenti soprannaturali/virtuali, ossia da esseri impersonali che agiscono per impulsi e motivi simili ai suoi, e passibili quanto lui di essere influenzati da appelli alla loro pietà, alle loro speranze, ai loro timori”. Ridotto a feticcio delle utopie transumane l’uomo si trasforma in un selvaggio contemporaneo rinchiuso in caverne di metallo urlante e vittima di spiriti informatici, addotto da sciamani transumani, inconsapevole ed anonimo spettatore di una preistoria ipertecnica. In questo scenario le satrapie digitali dell High tech, divise tra sogno collettivo transumano e deriva libertariana nichilista oscura, scelgono la strada del magico, del simbolico, di una lotta neostregonesca tra tra big state e big tech per ridefinire un mondo in cui l’umano non solo non è gradito ma soprattutto non è richiesto.