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Davvero serviva una guerra per capire l’impossibilità dell’ambientalismo liberal?

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha in breve tempo modificato anche la retorica di certo ambientalismo che aveva oppresso il dibattito mediatico e politico nazionale. Infatti, negli scorsi anni abbiamo assistito all’incrementarsi delle difficoltà e degli attacchi pubblici riversati su chiunque provasse a mettere in dubbio le istanze ecoliberal, denunciando le drammatiche ripercussioni che ci sarebbero state per imprese e lavoratori.

Altro che ambientalismo ecoliberal

Con l’arrivo della guerra si è immediatamente scoperta l’importanza dell’autonomia nazionale nel settore energetico, condizione necessaria per accrescere il proprio peso geopolitico, che passa anche per l’abbattimento dell’ideologismo malsano che ha impedito di attingere alla risorse utili per raggiungere il nostro fabbisogno. Esser passati in poche settimane dalla riconversione verde (che avrebbe lacerato industrie e posti di lavoro) all’intenzione di riaprire le fabbriche che utilizzano il carbone è un cambio di passo, ma allo stesso tempo indice dei danni compiuti in passato. Da decenni la sinistra italiana ostacola le iniziative che sarebbero fondamentali per arrivare all’indipendenza energetica, soprattutto le trivellazioni in mare adriatico e mediterraneo che avrebbero permesso l’estrazione del gas, evitando di doverlo importare da Paesi terzi.

Ragionando su tale aspetto si ottiene la beffa oltre al danno: nazioni più scaltre e meno obnubilate di noi come Croazia e Francia hanno sfruttato la nostra assenza in quei mari per estrarre gas e minerali utili al proprio rifornimento. Inoltre, la stessa Francia ha storicamente puntato anche sulle centrali nucleari per rifornirsi energeticamente, altro settore che noi abbiamo escluso per colpa dell’ideologismo. Pertanto, siamo dinanzi a un crocevia storico decisivo per i cittadini italiani: puntare su ogni fonte di energia possibile, oppure restare inermi dinanzi alla necessità di evitare un futuro dove l’ambientalismo gretino segnerà la miseria e il fallimento di interi comparti produttivi e lavorativi.

FERRANTE DE BENEDICTIS ED IL PATRIOTTISMO CONSERVATORE


Abbiamo intervistato Ferrante De Benedictis, 41 anni Ingegnere e Dottore di Ricerca di Energetica, attualmente vicepresidente di Nazione Futura e membro del “Future Energy Leaders Community” del World Energy Council. È autore del libro “L’uomo custode della Natura” e di diverse pubblicazioni scientifiche per riviste e convegni internazionali sui temi energetici ed ambientali. Pertanto, l’ascolto delle sue analisi e prospettive è per noi fonte di preziosa formazione culturale e politica.

In che modo prospetta la partita politica del Quirinale?

Innanzitutto, grazie per l’intervista, oggi più che mai abbiamo bisogno di confronto e di unire le forze, in particolare quelle delle realtà come Generazione Liberale e Nazione Futura, entrambe animate dall’amore per l’Italia e per la cara vecchia Europa.

Le elezioni del capo dello Stato sono sempre state caratterizzate dalla complessità, questo anche quando il risultato appariva scontato, in quanto alle solite imprevedibili strategie parlamentari ed ai franchi tiratori si aggiungono i grandi elettori regionali che possono cambiare gli equilibri e riservare qualche sorpresa. Di certo si tratterà di un passaggio fondamentale per la sopravvivenza della nostra democrazia rappresentativa, questo perché mai come negli ultimi anni stiamo assistendo ad un Parlamento sempre più svuotato dei propri poteri, oserei dire delegittimato. È per questo che occorrerà scegliere una guida che ristabilisca le normali funzioni ed i giusti equilibri tra i poteri. Non mi azzardo di certo a fare pronostici, ma ho il sospetto che anche questa volta a spuntarla “quasi a sorpresa” possa essere un democristiano, nessuno può permettersi in una condizione di fragilità parlamentare come questa di avere un Presidente polarizzato, occorrerà eleggere una figura che navighi bene su entrambe le sponde, quella del centro-destra e quella del centro-sinistra.

 

Ritiene che una riforma costituzionale, incentrata sul presidenzialismo, potrebbe introdurre maggiore stabilità politica? Sarebbe favorevole ad una svolta simile?

Favorevolissimo, questo è da sempre un cavallo di battaglia del centro-destra, già Giorgio Almirante auspicava una svolta presidenziale, che appare sempre più urgente viste le sfide della modernità, le pandemie, le crisi economiche e sociali, la sfiducia nelle Istituzioni. Gli stessi sondaggi ci dicono che i cittadini vorrebbero eleggere direttamente il loro Presidente così come avviene in tantissimi Paesi occidentali. La svolta Presidenziale potrebbe rappresentare quella scintilla in grado di fare innamorare nuovamente i cittadini della politica, rappresentando l’opportunità di avviare quelle riforme costituzionali necessarie a cominciare dalla revisione del Titolo V.

Come valuta il lavoro comunicativo svolto dalla classe giornalistica nel corso della pandemia?

Posso essere diretto e non utilizzare mezzi termini? Pessimo, ma non solo sulla gestione delle informazioni riguardo la pandemia. In generale questo Paese paga oggi una classe giornalistica asservita al mainstream comunicativo e al “politically correct”, salvo rare e preziose eccezioni. Il giornalismo ha purtroppo perso il suo spirito critico.

 Ha spesso trattato e scritto del rapporto tra uomo e natura, incentrato anche sulla necessità di rilanciare un ambientalismo conservatore. Quanto è importante difendere l’ambiente, senza sfavorire imprenditori e lavoratori?

Quello dell’ambiente è un tema a me molto caro, tanto da aver voluto scrivere un libro dal titolo “L’uomo custode della Natura” edito da Giubilei Regnani. Lo scopo del libro è quello di mettere in guardia da un ambientalismo di facciata, infarcito di slogan e luoghi comuni, che vorrebbero nell’uomo il nemico dell’ambiente e più in generale del nostro pianeta. Secondo il mio punto di vista l’ambiente non si salva senza salvare l’uomo e senza recuperare quel sano rapporto tra uomo e natura. Pertanto, solo una visione conservatrice dell’ambiente potrà farsi portavoce di un messaggio davvero innovativo per la salvaguardia e la tutela del pianeta. Non è colpevolizzando l’uomo ma rendendolo responsabile o meglio custode del creato, attraverso un efficace recupero del rapporto con il suo territorio, la sua cultura millenaria e la sua storia, che si potranno ottenere i frutti sperati. Per farlo occorrerà riprendere quella sana cultura rurale, che per secoli ha saputo sapientemente creare le perfette condizioni di coesistenza tra uomo e natura, tra uomo e territorio, spesso reso ancor più bello ed accogliente. La nostra visione dell’ambiente è dunque una visione che si accompagna alla crescita sostenibile, senza preconcetti e/o pregiudizi verso gli imprenditori e verso la tecnica, quella tecnica che ci offre oggi opportunità concrete per uno sviluppo rispettoso e amico dell’ambiente.

 Sarà possibile creare un fronte conservatore compatto già in vista delle prossime elezioni politiche nazionali?

Me lo auguro, sarebbe un salto di qualità importante per il centro-destra italiano, che lo avvicinerebbe ai Paesi Europei. I tempi sono davvero maturi. Per questo consentitemi di fare un plauso ad un giovanissimo talento del mondo politico culturale italiano, Francesco Giubilei, che ha dimostrato come con le qualità, lo studio e la perseveranza si possa arrivare dove nessun altro aveva mai osato, creando un movimento conservatore di nome Nazione Futura, che oggi rappresenta un solido riferimento nel panorama politico italiano con ottimi collegamenti internazionali. Il tutto in un Paese dove fino a qualche anno fa era già solo impensabile definirsi conservatori senza ricevere le invettive del mondo politico e del giornalismo.

Che ruolo può e deve svolgere l’Italia in ambito geopolitico, dato il clima di tensione ed incertezza tra le maggiori potenze globali?

Quello che ci ha da sempre caratterizzati. Essere il centro del Mediterraneo, ponte tra oriente ed occidente. Per il primo occorre recuperare il ruolo del Mediterraneo nel dibattito Europeo, evitando di spostarne il baricentro sempre più verso i Paesi Nordici che per storia, tradizione e cultura non posso assurgere al ruolo di garanzia e di equilibrio che da secoli l’Italia ha rivestito, in particolare come ponte di dialogo con il mondo arabo e l’est Europeo. Dell’assenza dell’Italia nelle dinamiche geopolitiche ne possiamo cogliere oggi tutto l’impatto negativo con la crisi energetica, in particolare del gas. Mattei con la sua ENI non ha solo rappresentato un’azienda, ma l’Italia per il cui conto ha saputo tessere relazioni e rinsaldare amicizie, grazie alle quali abbiamo vissuto di rendita per interi decenni.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Lavorare e contribuire a far crescere la casa comune dei conservatori italiani.

Un ambientalismo “visto da destra” per farla finita con la retorica

Ripreso da “Il Primato Nazionale”



Nel corso degli scorsi anni la sinistra ha sviluppato parte della propria proposta politica infarcendo di retorica i temi dell’ambientalismo. Dalla proposta della riconversione fino al sogno mai sopito della decrescita felice propagandata dal M5S. E proprio il neonato governo Draghi appare fondarsi nel solco di tali “valori”.

Feticci ideologici

Sulla scia dell’indirizzo di Bruxelles, che per elargire le risorse del Recovery Fund pretende (tra le altre cose) progetti “eco-friendly”, il dibattito politico si è diviso. L’istituzione del “Ministero per la Transizione Ecologica” è stata celebrata da molti come vittoria del buonsenso, capace di allineare l’Italia alle nazioni Ue. Non stupisce l’interesse dei globalisti per iniziative che andrebbero a produrre ulteriore burocrazia: il mondo “verde” ha sempre dimostrato di non interessarsi di imprenditori ed aziende, piuttosto esclusivamente dei propri feticci ideologici e politici.

Tuttavia, è probabile che lo Stato eserciterà pressioni in futuro sul tessuto industriale, al fine di promuovere un’economia verde da par suo insostenibile. Riconvertire le aziende necessita di spese elevate, oltre a violare la libertà d’impresa che non deve adeguarsi ad iniziative meramente ideologiche, non basate su effettiva utilità. Tuttavia, riteniamo doveroso sperare che la destra decida di non accodarsi al cordone dei fans di Greta: per evitare ciò si necessita di comprendere la differenza tra il riconoscere l’importanza dell’ambiente e l’esercitare un’agenda politica.

Un ambientalismo “di destra”: l’uomo e l’ambiente alleati

Nel corso dei decenni passati, contrariamente a quanto credano i più, la tematica dell’ambientalismo ha sempre trovato seguito nel pensiero di destra. Intellettuali e politici come Adriano Romualdi, Pino Rauti e Rutilio Sermonti hanno operato molto in funzione del rispetto reciproco tra uomo e natura. Essi ritenevano l’ambiente e l’uomo non nemici ma alleati, in virtù della necessità di sentire una forte vicinanza verso le proprie radici.

Aggiornando la nostra visione del passato in chiave moderna, potremmo operare in funzione di una vera battaglia ambientalista. Promuovendo un concetto culturale di ambiente, basato sul rispetto della natura quotidiano e non meramente propagandistico, che non leda il lavoro di aziende ed industrie. Sarebbe sbagliato regalare la partita dell’ambiente alla sinistra, finendo tacciati di insensibilità verso il tema e complici di azioni politiche notevolmente dannose per l’economia.

Tommaso Alessandro De Filippo