– Francesco Subiaco
L’odierno è la fase terminale del postmoderno, l’evaporazione del mondo liquido della società dei consumi in quello aeriforme della fine della storia. Un’epoca in cui si sublimano e diventano evanescenti i rapporti di forza, facendosi diffusi, nevrotici, fantasmatici. Trasformando la Cupola dei potenti e la Cattedrale degli intellettuali-chierici in uno stato schizofrenico che non ha bisogno di spaventare con la paura e con la forza, in una Cappa che preferisce la rassegnazione e l’illusione di annientare l’umanità per il bene dell’umanità, l’inconsistente contro l’indefinito. È la sovrastruttura del mondo globalitario raccontata ne “La Cappa. Per una critica del presente” di Marcello Veneziani (MARSILIO). Un saggio visionario e terribili, in cui l’autore decifra le illusioni di perdizione del presente, immergendo il lettore nelle atroci evidenze dell’odierno. Le evidenze che vengono nascoste e offuscate della nevrosi della cappa, che degrada la Natura nel feticcio impersonale ed ecologista dell’Ambiente, che è passata dalla guerra civile tra i sessi a quella ai sessi, che si conforma come l’intollerante permissivo moralismo di una società sfrenata, ma inibita, ottimista tecnicamente, ma disperata psicologicamente. Un saggio che mostra come la tolleranza globalista sia una forma di disperazione e il politically correct una deformata e buonista inquisizione, svelando l’ipocrisia di una etica che si scandalizza per gli alimenti ogm mentre si esalta per l’umanità modificata del transumanesimo. Un testo feroce e splendido che integra il pensiero di Veneziani e che si configura come il frutto di quelle radici filosofiche presenti in Nostalgia degli dei, una nausea dell’innominabile attuale con la promessa di un assalto al cielo in nome del mito, dell’eterno, del sacro.
Nell’epoca della Cappa, la Natura si degrada in Ambiente, quali sono le conseguenze di questa trasformazione e che differenza c’è tra questi due concetti?
Dietro il paravento ecologico, la Cappa sta abolendo la natura; se ne libera come un impaccio, un limite, una rete di legami. Rigetta tutto ciò che proviene dalla natura, soprattutto per quanto riguarda la natura umana: la fertilità, la maternità, la procreazione, i limiti naturali dell’età, le differenze sessuali. Al suo posto sorge un pensiero ogm, una prospettiva artificiale, postumana, tecnologicamente invasiva. La Natura è ordine, è limite, è destino; incompatibile con una società del caos, dell’illimitato e della volontà che si crea autonomamente.
La fuga dalla realtà è l’utopia che ci porta a trasformare i paradisi artificiali delle ideologie in inferni in terra?
Quando si pretende di trasferire i paradisi in terra, si è disposti a rendere infernale la vita per arrivarci. Ogni luogo angelico suscita demoni. E ogni volta che il virtuale sostituisce il reale, la vita autentica, il mondo rinnega l’essere per un astratto dover essere. Bisogna riscoprire la realtà con le sue contraddizioni e imperfezioni.
Per quale paradosso i movimenti più anticapitalisti condannano la struttura neocapitalista e glorificano la tecnostruttura che la garantisce?
Perché riducono la questione capitalista all’antico schema ideologico antipadronale e non si rendono conto che, al di là dei grandi ricchi della terra e dei sistemi di sfruttamento, è in atto una più capillare mutazione e alienazione che non risparmia nessuno, e non adotta più il controllo autoritario delle risposte ma sradica le domande alla fonte, modifica alle origini il senso del reale e del mistero. E soprattutto si presenta anonima, ineluttabile, come un processo automatico.
Che ne pensa della Cancel culture?
La cancel culture è la cancellazione della storia e della cultura se non risponde ai parametri del presente. La cancel culture è una forma di barbarie e di rifiuto della storia, un’amputazione della memoria.
Oggi che cos’è l’osceno?
L’osceno non ha più una valenza sessuale legata alla sfera del pudore; osceno è oggi ciò che contravviene il comune pregiudizio correct, con i suoi nuovi pudori ideologici. Osceno è pensare liberamente, osceno è sottrarsi al Modello Unico; osceno è ciò che dà scandalo perché non si attiene al conformismo della trasgressione.
Il secolo di Prometeo è evaporato nell’eterno presente di Proteo?
Venivamo da una società prometeica, era il mito della potenza e della tecnica, fu il mito del marxismo come del capitalismo, ma anche dell’homo faber e dell’uomo faustiano. Proteo è invece il mito fluido della mutazione, sessuale e mentale, esistenziale e “creativo”; viviamo in una società proteiforme.
Il senso di colpa universalista progressista è il peccato originale della nostra epoca? Dal disagio della civiltà alla civiltà del disagio?
È il senso di colpa scaricato sulla propria civiltà, sulla propria nazione, sul proprio ceto, sulla tradizione di provenienza; scaricando la colpa sulla propria civiltà, il progressista radicale si sente esonerato e pensa di essere il vendicatore e l’alleato del domani e di tutti gli esclusi e i subalterni del passato.
Civiltà contro globalitarismo, il bandolo della matassa è ancora la differenza tra Kultur e Zivilization? Come è cambiato, nel mondo della Cappa, lo scontro tra Terra e Mare?
La Civiltà è il contrario del globalitarismo cioè del totalitarismo globale in cui siamo immersi: la civiltà (o Kultur) è un modo di vivere, di essere e di pensare in un orizzonte condiviso di senso, di forma e di destino. La Civiltà al contrario della Cappa ti proietta in cielo e ti radica nella terra delle tue origini. La Civilizzazione, nel senso spengleriano è pura espansione della tecnica e del benessere, della potenza e della finanza senza sviluppo culturale.