– Francesco Subiaco
Gli Escolios a un texto implicito sono il nuovo testamento del pensiero reazionario, una bibbia di dubbi, un vivaio di simboli. Piccole note al testo segreto del mondo, di Dio, di una grande apologia del cristianesimo che nemmeno Mauriac riuscì a scrivere. Commenti sull’assoluto e sul destino che squadrano l’anima del secolo, le menzogne degli idoli, le fantasie del potere, rovesciandoli e rendendoli inutilizzabili per sempre. Perché “la storia ha regalato al democratico la vittoria e al reazionario la verità”, una verità spietata, inaccettabile, che fa di Nicolas Gomez Davila l’ultimo vero grande maestro del sospetto. Un sospetto che non vuole seminare incredulità, ma vuole fare dubitare delle menzogne, in quanto la vera disillusione non nasce “da frodi smascherate, ma da fallacie perpetuate”. Facendosi portatore di una verità che non viene mostrata, ma che si rivela nello splendore lucente degli aforismi che compongono “Escolios a un texto implicito. Nuevos e Sucesivos”, la raccolta dell’ultima parte del grande ciclo degli aforismi gomezdaviliani, i Nuevos e i Sucesivos, proposti finalmente al pubblico italiano dalla Gog edizioni di Lorenzo Vitelli. Un tomo che racchiude le ultime pagine del Nietzsche di Bogota, che ha compiuto e raffinato le sue idee già prefigurate nelle Notas e che di esse sono il frutto più maturo e straordinario. Nicolas Gomez Davila con i suoi escolios, appunti, commenti, cerca di dare forma alle voci dei passati perduti, ai segreti del mondo, alle finzioni della realtà, lo fa tramite la forma dell’aforisma, capace di quell’oscurità scandalosa di cui solo la chiarezza è capace. Ma i frammenti del pensatore colombiano non sono solo le osservazioni e le note di un moralista di fronte alle istantanee dell’animo umano, bensì formano un corpus complesso, gerarchico, immenso, che si collega, incarna nel nucleo più caldo e profondo del sapere occidentale, di cui è l’ultima grande testimonianza. Una testimonianza che non ha gli inganni del fanatismo, o la finta coerenza e linearità dei sistemi, ma ha l’armonia e la grazia dell’assoluto. Più che un sistema è una sinfonia, la sinfonia dell’eterno. Una sinfonia fatta di mille voci inconfondibili, un canto gregoriano che non mostra i dubbi al lettore poiché li risolva, ma affinchè li viva, dando l’impressione di aver vissuto, fino a quel momento di aver solo vegliato in un mondo addormentato da cui si è risvegliati. Non insegnare, ma rivelare la voce degli splendori che lacerano il mondo. Splendori che rivelano le illusioni delle messe in scena democratiche, dei sogni della ragione, degli appetiti che muovono gli ideali, trasfigurando le ideologie totalitarie in carte nautiche insanguinate che si distinguono in base agli scogli in cui decidono di naufragare. Considerazioni impolitiche che si alternano a lampi teologici di profondità pasca liana, che scherniscono una chiesa che più che le braccia alla modernità ha aperto le gambe, riuscendo a mantenere in poche parole ciò che viene sperato in 2000 anni di fede e miracoli, “soltanto ciò che è comune realizza ciò che lo straordinario promette”. Tra le pagine degli Escolios non si nasconde però una vecchia abbazia in rovina, il ghigno disincantato delle rovine calpestate, ma il viaggio di ritorno verso l’assoluto, poiché il “reazionario puro non è un sognatore nostalgico di passati aboliti, ma un cacciatore di ombre sacre sulle colline eterne”. Nella sua sinfonia aforistica, Gomez Davila, indaga il sacro, la tradizione, il destino, osservando quel mondo antico che non è stato solo distrutto, ma soprattutto profanato dalla modernità. Una modernità simile ad un ordigno impersonale, mistico e meccanico, che soggioga gli uomini realizzando i loro sogni nascosti che si avverano come incubi terreni, che hanno la maschera del progresso, l’alibi dell’umanità, la fatalità del determinismo, ma che sono l’evoluzione del vento dello gnosticismo, della religione dell’uomo che vuole farsi divinità, che assalta il cielo per spodestare gli dei, col mito liquido di Proteo e quello rivoluzionario di Prometeo, mentre sceglie al limite il destino di Icaro. Un testo mondo, che mostrano un autore unico e imperdonabile, più sensuale di Pascal, più dinamitardo di Nietzsche, più lucido di Cioran, più scettico di Montaigne. Un filosofo che non scende sulla pubblica piazza finendo a vivere medicine, ma che diventa il martire della bellezza, della verità, della rivolta contro la modernità e Gomez Davila può permettersi questo ruolo non perché è un eccentrico,un dissidente, un proscritto. Può farlo perché è incorruttibile.