– Tommaso Alessandro De Filippo
Il prof. Natalino Irti è nato ad Avezzano il 5 aprile 1936. Ha frequentato il Ginnasio – Liceo Torlonia nella città nativa. Allievo del grande giurista Emilio Betti, – dopo aver conseguito la libera docenza universitaria nel 1965 – vince, nel 1967, il concorso per professore ordinario. Ha insegnato, sempre come titolare di cattedra, nelle Università di Sassari, Parma, Torino, e, dal 1975, nell’Università di Roma ‘La Sapienza’, dove ora è professore emerito di diritto civile. E’ socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, e membro di altri sodalizî scientifici. Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici, fondato da Benedetto Croce. Ha pubblicato monografie, corsi di lezioni e libri di cultura filosofico-giuridica, che hanno suscitato larghi dibattiti e sono stati tradotti in molte lingue straniere. Intenso il suo rapporto con i filosofi: ne sono nati due volumi: Dialogo su diritto e tecnica, con Emanuele Severino; e Elogio del diritto, con Massimo Cacciari. Discontinua, ma ininterrotta, è stata, ed è, la sua collaborazione a quotidiani italiani (Corriere della Sera, il Sole/24 Ore). Ha ricoperto numerosi incarichi nel sistema finanziario, tenendo per sette anni (1987 – 1994) la presidenza del Credito Italiano. Svolge la professione forense in ispecie dinanzi alla Corte di Cassazione, ed è tra gli arbitri più richiesti nel nostro Paese. Pertanto, averlo intervistato rappresenta per noi una preziosa opportunità di formazione.
Prof. Irti, in che modo valuta le scelte del governo italiano in materia di restrizioni e prolungamento dello stato d’emergenza, che di fatto si è tramutato in uno stato d’eccezione?
L’emergenza appartiene alla ‘normalità’ della storia, che conosce inattesi eventi umani e naturali. Ma, reiterandosi nel tempo, assume il grave carattere di ‘eccezione’, e segna la crisi di un sistema.
Può esprimerci un suo parere sulle decisioni della consulta in merito alle 8 proposte referendarie, incentrate su giustizia, cannabis ed eutanasia legale?
C’è un limite di sistema, oltre il quale il diritto vigente può soltanto tacere. ‘Rimane silenzioso, senza parole’, diceva l’acutissimo Carl Schmitt. Allora irrompono altre forze politiche, e si ricompone un nuovo ordine di rapporti.
Dal suo punto di vista quale sarebbe la riforma di ambito giudiziario di cui l’Italia ha urgente bisogno?
La riforma più grave riguarda il diritto penale. L’asse del sistema sanzionatorio deve spostarsi dalla reclusione al risarcimento del danno, o ad altri rimedî di carattere civilistico e amministrativo. La sanzione restrittiva della libertà fisica deve giungere come estrema ed eccezionale risposta del diritto.
Si augura una nuova stagione di riforme costituzionali in Italia che possano favorire maggiore rappresentanza dei cittadini e più equilibrio istituzionale?
Prima delle riforme costituzionali, c’è da promuovere o augurarsi una nuova cultura politica, un fervore di idee, capace di identificare i partiti e di rafforzarne la scelta.