– Francesco Subiaco
Mario Carli fu uno dei principali protagonisti delle avanguardie del primo novecento. Un pandemonio artistico e politico che trasfigurò il le atmosfere della belle epoque letteraria, attraverso un gusto aristocratico e vitalista, anticonformista e rivoluzionario. Tra l’esteta armato e il polemista, lo sperimentatore eccentrico e il propagandista fuori dagli schemi. Carli nato nel 1889, inizia la sua attività artistica partecipando all’esperienza futurista. Il futurismo non è solo un movimento artistico per l’autore di Retroscena, è un destino, una fatalità italiana, il più grande terremoto spirituale e culturale nel novecento. Un movimento politico e artistico che attraverserà tramite la collaborazione a L’Italia Futurista, uno degli esperimenti più interessanti del movimento marinettiano, insieme a Bruno Corra ed Emilio Settimelli fondendo l’interventismo di Papini e Soffici con il dinamismo di Marinetti. Creando una spaccatura con il mondo borghese giolittiano, passatista e serioso, attraverso un assalto dinamitardo ai valori dell’italietta liberalmonarchica. Tra interventismo e futurismo l’esperienza di Carli si completa e conferma nella prima guerra mondiale, tramite l’esperienza di ardito. Esperienza che sarà la base per molti romanzi futuri, e che conseguirà dopo il 1917 nonostante gli impedimenti fisici, divenendo il presupposto formativo di Roma Futurista, giornale-bastione dell’arditismo futurista poiché: “L’Ardito è il futurista di guerra, l’avanguardia scapigliata e pronta a tutto, la forza agile e gaia dei vent’anni, la giovinezza che scaglia le bombe fischiettando i ricordi del Varietà”. La guerra-festa di Carli non finirà con la caduta degli imperi centrali, ma continuerà in quel varietà metapolitico insanguinato e rivoluzionario che fu l’esperienza fiumana. Seguendo D’Annunzio durante la presa della città, trovando nel Vate l’espressione della grande rivoluzione nazionale, una rivolta ideale ispirata dal socialismo rivoluzionario, dal culto byroniano dell’esteta armato. Che vede in Fiume una nuova Mosca, la casa di un bolscevismo italiano, un laboratorio ideologico sentimentale, tra misticismo e anticlericalismo, rivoluzione sociale e liberazione individuale. Anarchica e socialisteggiante la Fiume di Carli, si allontana dalla Mosca leninista, guardando sempre di più alla Milano dei Fasci di combattimento. Penna di punta di Impero e Brillante, nonostante l’adesione al regime, non perde la sua vena anticonformista, la sua furia rivoluzionaria, confermando il suo frondismo intransigente. Lo fa dischiarando guerra ad ogni rimasuglio di quell’Italia passatista e derelitta che cercò di sconfiggere e soffocare prima col futurismo e poi con il fiumanesimo. Attraverso la critica feroce del lassismo della società degli anni venti negli scritti che formeranno “Antisnobismo” (ASPIS). Una raccolta di scritti, articoli, battaglie su carta, con una splendida prefazione di Claudio Siniscalchi. Articoli con cui Carli vuole realizzare una bonifica della società italiana, contro i passatismi della cosca liberalclericale, contro lo snobismo insignificante degli esterolatri franco anglosassoni, contro la mondanità malata e morente dell’alto establishment. Dalla critica alla svirilizzazione alle polemiche sul blues. Attraverso non una critica moralisteggiante e bigotta, ma una ribellione contro ogni languore, contro l’immobilismo, in nome di una mondanità nuova, vitale, dinamica, nazionale poiché: “Non quindi con senso di terrore e di sospetto dobbiamo affrontare i problemi dello spettacolo”, sosteneva, “ma con senso di forza, il che vuol dire che si scarta semplicemente, energicamente il male dovunque si annida; ma non si sopprime la materia in cui questo male si è annidato, e che, così purgata, può avere la sua funzione sociale ed artistica, notevolissima” . Criticando il culto verso l’esterolatria, il grammelot francoanglosassone, rimarcando la volontà di “italianizzare”, contro ogni frammentazione del patrimonio di tradizioni e costumi nazionali in nome di un vago e inconsistente cosmopolitismo. Una furia tagliente che rende Antisnobismo un testo scorretto e dannato, interessante ed intrigante. Che va certamente calato nel suo tempo e nella condizione del suo autore, un rivoluzionario Giovenale di un impero da operetta, ingobbito nella sua retorica di cartapesta e nella processione di divise gallonate, a cui Carli, figura eretica e complessa contrappone una visione dinamica e spregiudicata, tra un Petronio da rotocalco e un fustigatore dei costumi arbasiniano.