Il simbolismo attraverso i greci: Giovanni Grassi tra passato e futuro

Giovanni Grassi è un giovane pittore che attraverso le proprie opere mostra uno sguardo nuovo sul mito, sul classico. Allievo di un grande artista dei nostri tempi, Roberto Ferri, ha cominciato a disegnare sin da piccolo per poi dedicarsi alla pittura ad olio prevalentemente e avendo tra i propri punti chiave il Rinascimento unito ad una buona dose di Simbolismo ottocentesco e alle opere di Dalì, portando così gli eroi greci in un’ottica surrealista.

Come nasce il tuo sguardo artistico e come si è sviluppato nel tempo?

Guarda, il mio contatto con l’arte è avvenuto in tenera età dato che sono nato in casa di artisti, mio padre è un musicista e mia nonna era una ballerina. Sin da piccolo ho assaporato il mondo dell’arte, cominciando a disegnare e ad interessarmi a queste cose ma solo dopo anni, tra i quattordici e i quindici anni, ho cominciato a disegnare in maniera metodica e a frequentare una bottega di un maestro. In seguito ho frequentato il liceo artistico per poi proseguire il percorso ed interessarmi alla pittura ad olio e al disegno con matita tendente al classico. Per tendere lo sguardo a quello stile mi sono avvicinato a dei maestri che hanno saputo indirizzarmi nella strada giusta e sono stato fortunato ad avere come fari Roberto Ferri e Giorgio Dante, coloro che sono rimasti i miei punti chiave di oggi. Poi ho cominciato a maturare una mia visione che, oltre al classicismo, tende al Simbolismo ottocentesco e al Surrealismo. Queste influenze del passato cerco di metabolizzarle appieno per poi riformularle secondo uno stile personale e dandone una sfumatura moderna.

Che rapporto hai con il mondo antico?

Ne ho subìto da sempre il fascino. Amo tantissimo il Rinascimento. Poi però sono attratto anche dall’Ottocento e sono attratto dalle tecniche pittoriche del passato, ma anche dagli usi e costumi che ne delineano il tempo e la cultura. Sicuramente nei miei quadri è visibile un approccio classico appunto, legato ad una certa visione di paesaggio e figure umane che tendono ai greci e non solo.

Nei tuoi quadri si respira molto l’aria del simbolico. Tutto ciò, oltre ad un fattore estetico, è legato a metafore precise?

Assolutamente. Avverto la necessità di esprimere concetti che sento attorno a me attraverso i simboli, come vuole l’arte surrealista. Un grande maestro che trovo imprescindibile e molto vicino a me è Salvador Dalì, invece per il Simbolismo mi rifaccio molto al fine ‘800 e inizio ‘900, senza copiare ovviamente altrimenti sarei un manierista. Arnold Böcklin e Caspar David Friedrich sono altri due pittori che avverto quando dipingo. Spero che quando uno spettatore si trova dinanzi una mia opera possa sentire i concetti universali che narro attraverso la pittura, anche se nascosti.

Che momento sta vivendo adesso l’arte?

Adesso ci sono moltissimi pittori e devo dire che  è tornata una grande tendenza al figurativo, cosa che era venuta a mancare nel tempo a causa di una forte rottura. Sono contento che questo gusto sia nuovamente in voga, cosa che dà lustro al classico, al simbolico. In conclusione, direi che vi è un ritorno al passato ma con una visione del tutto contemporanea.

 

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