Maurizio Molinari ha spesso raccontato complesse tematiche geopolitiche, nel corso della propria carriera professionale. La sua conoscenza dell’Anglosfera e le esperienze maturate durante le permanenze all’estero ne hanno ampliato gli orizzonti culturali e giornalistici, permettendogli di esprimere approfondite analisi, da cogliere per gli osservatori. All’interno del suo ultimo libro, “Il Campo di Battaglia” (La Nave di Teseo, pag.261), vi è l’immagine di un’Italia in bilico nell’epoca pandemica, in attesa di riprendersi totalmente dalla crisi economica e sociale. La presidenza del Consiglio a guida di Mario Draghi si erge garante del debito pubblico italiano, permettendo l’acquisizione di maggiore fiducia e stabilità da parte delle nazioni estere. Pertanto, è qui che si concentra il nucleo del manoscritto: la stabilità istituzionale derivante dalla presenza dell’attuale premier dovrà essere principio della rinascita nazionale. Lo scontro tra USA e Cina si allaccia prevalentemente allo sviluppo tecnologico e digitale, alla lotta ai cambiamenti climatici ed alla tenuta dei mercati finanziari. Anche in ragione di ciò, l’Italia ha la necessità ed il dovere di svolgere il proprio ruolo di esponente di spicco dell’alleanza atlantica, sfruttando le sfide geopolitiche come un’opportunità per assumere ulteriore peso nello scacchiere globale. Noi di Generazione Liberale abbiamo avuto l’opportunità di dialogare con il Direttore, al fine di dibattere sul testo recentemente pubblicato e scoprirne le valutazioni relative anche all’attuale scenario giornalistico e sociale italiano.
Direttore Molinari, ne “Il Campo di Battaglia” si concentra spesso in analisi geopolitiche. In che modo prospetta il futuro dello scontro globale tra USA e Cina? Che ruolo potrà svolgere l’Italia all’interno di esso?
Il duello tra USA e Cina verte sull’architettura internazionale, di cui entrambi gli Stati vogliono modificare le relazioni, sia pure in maniera differente. La Cina punta sulla nuova Via della Seta per dar vita ad un reticolo di proprie alleanze, esteso soprattutto sull’Eurasia. Tuttavia, gli USA a guida Joe Biden stanno provando a rigenerare il multilateralismo, passando attraverso riforme profonde, tra cui quelle dell’ordine sociale di commercio e sanità. Il fine di questi stravolgimenti è imporre al Dragone di rispettare delle efficaci regole condivise. Pertanto, la nostra nazione si trova contesa tra i due progetti, essendo utile a Pechino come “ponte del Mediterraneo” per raggiungere l’Europa centrale con i propri prodotti, in particolar modo attraverso i porti. E’ inoltre decisiva per gli Stati Uniti, al fine di mantenere la stabilità del Mediterraneo e del fianco sud della NATO.
Il drammatico ritiro delle truppe statunitensi nell’agosto 2021 ha comportato dei notevoli peggioramenti per il territorio Afgano e, di conseguenza, per tutto il Medio Oriente. Considerando le ingerenze estere di Cina e Russia, in che modo prospetta il futuro dell’intera area geografica?
Il ritiro degli USA dall’Afghanistan consente a Russia e Cina di riprendere iniziative nell’area. Durante il G20, a Mosca, c’è stata la prima riunione di Cina, Russia, India, Iran e Pakistan con i Talebani. Pertanto, è chiaro che Pechino e Cremlino immaginino una nuova stabilità nell’Asia centrale che verta attorno ad una idea dell’Afghanistan, quale perno della Via della Seta per i cinesi ed opportunità per il ritorno di influenza russa nel centro dell’Asia. Tuttavia, per quel che può essere il nostro punto di vista comprendiamo che la strategia di Biden nel territorio sia molto differente. Infatti, Biden immagina un’Asia costruita attorno ad una rete di alleanze degli USA, in primis con grandi democrazie come India e Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, finalizzata alla creazione di un progetto di contenimento dell’avanzata cinese nell’intero continente. Questa è la partita geopolitica sviluppatasi in seguito al ritiro delle truppe, aggravata dall’incognita dello Jihadismo che andrà probabilmente rafforzandosi e comporterà delle problematiche.
Nel contempo Joe Biden attraversa un periodo piuttosto complesso della propria presidenza, culminato con la cocente sconfitta elettorale in Virginia. Anche in ragione di ciò, ritiene che negli Stati Uniti possano nascere delle tensioni sociali, derivanti dal malcontento, che si rivelino di complessa gestione per l’attuale amministrazione?
La sconfitta rimediata in Virginia e quella sfiorata in New Jersey (paradossalmente ancor più grave) sono un campanello d’allarme per l’amministrazione di Joe Biden. Infatti, lasciano intendere che gli elettori democratici non condividano le posizioni ultraprogressiste presenti in alcune fasce dei Liberal e, soprattutto, espresse al Congresso da una pattuglia di Deputati e Senatori piuttosto attiva. Pertanto, nel Partito Democratico sono presenti due aree: una moderata ed una iper-progressista e liberal, di sinistra radicale. In tale momento culturale la sinistra estrema impone l’abbattimento delle statue e la trasformazione del linguaggio, comportando un allontanamento dei moderati dal partito. Biden sembra essersene accorto, conscio che in vista delle elezioni del Midterm del novembre 2022 debba riuscire ad attirare a sé i repubblicani moderati e distanti dal trumpismo. Tuttavia, per arrivare a ciò deve obbligatoriamente allontanare le istanze della sinistra oltranzista interne al proprio partito.
Può esprimerci una sua considerazione sulla partita politica relativa all’elezione del prossimo Capo dello Stato?
L’Italia è una nazione decisiva per la stabilità dell’Europa grazie al tandem Mattarella-Draghi nei rispettivi incarichi. Conseguenza di questo asset sono stati i progressi sui due fronti principali dell’emergenza, vaccinazione e ricostruzione del tessuto economico. In questo momento la campagna vaccinale è tra le migliori d’Europa, mentre la ripresa economica ha visto finalmente un’impostazione ed il superamento dei problemi precedenti. Il rischio è che con le elezioni presidenziali tutto ciò possa essere posto in discussione, in particolar modo per le divergenze interne alle maggiori forze che siedono alle Camere. Pertanto, un Parlamento frammentato potrebbe trasformare l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale in un momento di instabilità.
Le divergenze partitiche e politiche anche da lei menzionate rischiano di compromettere l’utilizzo e l’efficacia dello strumento del Recovery Plan?
Il Recovery Plan è uno strumento indispensabile per l’Italia, al fine di risollevarsi dai drammi della pandemia. In questo momento esso è legato alla fiducia che la UE nutre nei riguardi di Draghi, vero garante attuale del nostro debito pubblico. Inoltre, dato che il Recovery sarà strumento suddiviso in quote almeno fino al 2026, mantenere la stabilità anche in futuro sarà fondamentale.
Ritiene che la categoria giornalistica abbia svolto un buon lavoro comunicativo ed informativo nel corso dell’emergenza pandemica?
Credo che durante l’emergenza i giornali italiani abbiano svolto un lavoro importante e strategico, anche valutando il momento di estrema difficoltà. Tutte le aziende hanno dovuto riorganizzarsi e garantire nuove misure di sicurezza e così è stato anche nel nostro ambito. Tuttavia, questo ha accelerato la riconversione digitale del settore. Anche in ragione di ciò, ritengo che i giornali escano dal momento pandemico con una credibilità maggiore, sviluppata con il racconto dettagliato e preciso della pandemia.
Come prevede il prossimo inverno sul piano pandemico? La campagna vaccinale potrà essere ulteriormente migliorata ed incentivata? Se si, attraverso quali strumenti?
Credo che siamo giunti all’ultimo miglio della sfida contro il Coronavirus. E’ fondamentale raggiungere il 90% dei vaccinati, concentrandosi sull’inizio della vaccinazione anche per i bambini, come sta già avvenendo negli USA ed in Israele. Inoltre, per l’intera popolazione sarà decisivo cominciare la somministrazione della terza dose, abituandosi ad un richiamo annuale che permetta di sconfiggere ogni rischio di ritorno delle ondate pandemiche. Tuttavia, siamo in presenza di una minoranza di italiani piuttosto aggressiva, ostile alla vaccinazione e possibile causa di difficoltà per il resto dei cittadini. Sarà dunque fondamentale non sottovalutare tale problematica ed impegnarsi per la tutela della libertà ma anche di sicurezza e salute comune.