A FIRMA DI GIACOMO BONINI
Il debito pubblico inverte la rotta, nel 2020 schizzava a 155,8% e le stime del Def di aprile parlavano di leggero aumento per il 2021, per il governo il debito avrebbe raggiunto quota 159,8%. La Nadef (nota di aggiornamento al Def) segna invece 154%. Non solo quindi il deficit non è aumentato come previsto, ma non cresce più, si riduce. Nel frattempo il Pil continua a registrare numeri positivi, +6% (contro un obiettivo del 4,5%) e conferma quanto di buono a livello economico sia stato fatto dall’Italia sotto la guida di Mario Draghi.
È vero quindi che si è fatto meglio di quanto fosse prevedibile, che la politica economica portara avanti dal ministro dell’Economia Franco (indipendente), dal ministro dello Sviluppo economico Giorgetti (Lega) e dal ministro della Pubblica amministrazione Brunetta (Forza Italia) sta portando i suoi frutti. Ma quanto durerà e come dobbiamo prendere questi dati? Ma soprattutto, l’Italia sta davvero tornando a correre?
I numeri sono corretti, ma non dicono tutto. Non dicono, ad esempio, che per il miglioramento del debito sul Pil ha giocato un ruolo importante la ripresa dell’inflazione (per ora moderata) che la Nadef traduce in una crescita dei prezzi del 1,5%. I dati non raccontano che, pur essendo molto positivo e sopra le aspettative il confronto con i numeri dello scorso anno, il paragone non dispone di un lasso temporale sufficiente per cantare vittoria. L’alta instabilità dovuta dalla pandemia rende questi numeri suscettibili a rapidi cambiamenti. Ad oggi la reputazione del governo, la credibilità internazionale e i bassi tassi d’interesse giocano a nostro favore, ma le ipotesi avanzate dalla Nadef sono particolarmente rosee, non irrealistiche, ma estremamente ottimiste. Chi scrive coltiva la speranza di vedere le misure di contenimento del Covid-19 farsi sempre meno stringenti e sempre più efficaci, ma non esclude a priori un possibile peggioramento. Il suggerimento è quindi quello di non gonfiare eccessivamente il petto per i buoni risultati finora ottenuti e di continuare a lavorare per rendere la reputazione dell’Italia ancora più credibile nel medio-lungo termine. Un motivo di fiducia è sicuramente rappresentato dalle intenzioni circa la prossima Legge di Bilancio (2022-2024). Si legge infatti nella bozza della Nadef che “sarà rafforzato il sistema sanitario nazionale, al fine di migliorare l’accesso alle cure e incoraggiare la prevenzione” e che “risorse aggiuntive saranno destinate ai rinnovi dei contratti pubblici e al rifinanziamento delle politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente, tra cui missioni di pace e fondi di investimento”.
Questo secondo me è un buon punto di partenza per tornare a correre: responsabilità e pianificazione per non sprecare quanto fatto, per dimostrare che davvero si è invertita la rotta e che non si è trattato di un miraggio. Fondamentale è quindi non perdere la fiducia, continuare a guardare con ottimismo all’evoluzione del mercato, ma allo stesso tempo analizzare i dati in maniera oggettiva, lontana dalle fanfare che accompagnano spesso le mosse governative da parte della stampa e con un occhio di riguardo alla riforma fiscale, vero banco di prova della politica economica dell’esecutivo targato Draghi.