ALESSANDRO SANSONI: “CON IL GREEN PASS INTRODOTTO DI FATTO UN OBBLIGO VACCINALE.”
Abbiamo intervistato Alessandro Sansoni, filosofo e giornalista di spicco napoletano, volto televisivo ed importante esponente culturale nazionale. Le sue prospettive geopolitiche e sociali, oltre a quelle relative all’ambito politico nostrano, sono per noi formative e fonte di grande spunto. Inoltre, poter ascoltare una voce professionale e voce dal coro è oggi occasione rara, dato che il pensiero unico appare il padrone incontrastato di agorà politica e mediatica
Come valuta le misure al vaglio della politica, dall’espansione del Green Pass all’eventuale introduzione dell’obbligo vaccinale? Ritiene possano rivelarsi efficaci, oppure si rischia di limitare libertà personali senza produrre nemmeno dei benefici?
Il Green Pass ha già di fatto introdotto un obbligo vaccinale, dato il modo in cui è stato inserito in società. Tuttavia, non essendoci per questo vaccino un obbligo di somministrazione sancito dalla legge, lo Stato è finito per produrre delle discriminazioni tra cittadini. Basti osservare come il vaccino venga fornito gratuitamente, a differenza dei tamponi che sono invece a pagamento. Tutto ciò non fa altro che creare uno scontro sociale tra vaccinati e non. Infatti, l’obbligo formale imporrebbe allo Stato una responsabilità diretta in caso di effetti collaterali, che porterebbe a polemiche e problematiche anche di carattere legale. Pertanto, osserviamo con tali comportamenti altalenanti la produzione di ulteriore confusione nella popolazione.
Ritiene che la battaglia per i referendum sulla giustizia possa realmente scardinare il marcio presente attualmente in parte della magistratura?
Ritengo che al momento la magistratura stia attraverso un momento di notevole difficoltà, soprattutto dallo scoppio dello scandalo Palamara in poi. Penso che la crisi interna si sarebbe potuta in parte gestire sciogliendo il CSM e votandone uno nuovo. Quanto ai 6 referendum proposti, è probabile che alcuni di essi non superino il vaglio della Corte Costituzionale, dato che sono stati sviluppati in maniera non adatta. Pertanto, penso che i quesiti possano essere utili per sensibilizzare politica e parlamento, al fine di costruire una riforma della giustizia maggiormente equilibrata. Non so dire però se questa volontà sia andata a segno, dato che la Riforma Cartabia pare interessarsi solo di alcuni aspetti, tralasciando tematiche fondamentali come la prescrizione.
In che modo prospetta il futuro della coalizione di centrodestra? Sia sul piano elettorale che degli equilibri interni ad essa..
Ritengo che il centrodestra debba lavorare per garantire la principale richiesta del suo elettorato, cioè l’unità della coalizione. All’interno di essa penso che le differenze tra le forze politiche siano utili e rappresentino un valore. Tuttavia, il principale scopo del centrodestra dovrà essere quello di costruire una cultura di governo, che possa farsi portatrice di istanze possibili relative alla costruzione di una nuova Europa. Per arrivare a ciò serve che i rappresentanti politici della coalizione siano in grado di lanciare una battaglia per l’egemonia in senso gramsciano. Essa non è relativa al consenso strettamente elettorale, piuttosto al saper convincere della bontà delle proprie intenzioni le classi dirigenti del paese. Mi riferisco principalmente a giornalisti, imprenditori, magistrati, intellettuali..
Può esprimerci una sua considerazione sull’attuale crisi in Afghanistan e sulla disfatta dell’Occidente nel territorio?
La vera disfatta credi appartenga più alla Nato che agli USA, dato che risulta evidente che il presidente Biden abbia ritenuto opportuno dare seguito agli accordi di Doha (stipulati da Trump) organizzando un ritiro delle truppe dall’Afghanistan senza coordinarsi con gli altri alleati, facenti parte della Nato. Anche in ragione di ciò, l’attuale problematica di questi giorni è il disconoscimento da parte degli USA del valore della NATO quale luogo decisionale e di programmazione. Inoltre, sarebbe opportuno che l’Occidente tutto si interrogasse sulla bontà della propria azione in Afghanistan, così come in altre parti del mondo. Dal 1990, cioè dalla prima guerra in Iraq in poi, come Occidentali abbiamo sistematicamente demolito il diritto internazionale. Infatti, concetti come “guerra umanitaria” oppure “esportazione della democrazia” possono risultare suggestivi per una parte consistente dell’opinione pubblica. Di fatto hanno però contribuito a smantellare una serie di presupposti del diritto internazionale, che sono alla base del corretto rapporto tra Stati e dunque tra popoli. Potrebbe essere questa una grande occasione per riconsiderare il ruolo di leadership che svolge l’Occidente sul resto del mondo. Tuttavia, anche all’interno dei Talebani vi sono molteplici contraddizioni e numerose frange che non garantiscono la fine della guerra civile che da decenni affligge il territorio afgano. Inoltre, tali problematiche andranno a ripercuotersi su tutte le potenze limitrofe che avranno ora la necessità di andare a compensare il vuoto lasciato dall’occidente nel territorio. Per Iran, Russia e Pakistan si prospettano impegni geopolitici notevoli, dato che le frizioni tra le culture interne all’Islam e la presenza dei fondamentalisti rischiano di comportare difficoltà.
In chiusura, quali sono i suoi progetti lavorativi per il futuro?
Continuare a svolgere il mio lavoro ed i miei impegni, provando costantemente a migliorarmi.